Piante | Temperatura Ottimale | Trapianto in campo aperto | Trapianto in serra | Tempi di raccolta in giorni |
---|---|---|---|---|
Anguria | 20-30 °C | da aprile a giugno | da febbraio a marzo-aprile | 100-120 |
Asparago | 20-25 °C | da marzo a settembre | non consigliato | due anni |
Basilico | 15-20 °C | da aprile a settembre | da gennaio a marzo | 25-50 |
Bietola da costa | 12-18 °C | tutto l'anno | non consigliato | 40-60 |
Carciofo | 25-30 °C | da luglio a ottobre | non consigliato | 100-150 |
Cardo | 25-30 °C | da luglio a settembre | non consigliato | 120-150 |
Cavolfiore | 10-25 °C | da maggio a febbraio | non consigliato | 70-130 |
Cavolo broccolo | 10-25 °C | da maggio a febbraio | non consigliato | 70-130 |
Cavolo cappuccio | 17-28 °C | da maggio a febbraio | non consigliato | 70-130 |
Cavolo verza | 8-25 °C | da maggio a febbraio | non consigliato | 70-130 |
Cetriolo | 15-30 °C | da aprile a settembre | da settembre a marzo | 45-65 |
Cicoria o radicchio | 15-20 °C | da agosto a febbraio | non consigliato | 60-80 |
Cipolla | 12-25 °C | tutto l'anno | non consigliato | 120-180 |
Fagiolo nano | 15-25 °C | da marzo a settembre | da gennaio a febbraio | 45-60 |
Fagiolo rampicante | 15-25 °C | da marzo a settembre | da gennaio a febbraio | 45-60 |
Finocchio | 14-22 °C | da agosto a novembre | non consigliato | 75-150 |
Fragola | 8-20 °C | da settembre a ottobre e da febbraio a giugno | da ottobre a dicembre | 90-120 |
Indivia | 18-20 °C | tutto l'anno | da dicembre a gennaio | 35-75 |
Lattuga | 8-20 °C | tutto l'anno | da dicembre a gennaio | 35-75 |
Mais | 18-20 °C | da aprile a agosto | da febbraio a marzo | 100-150 |
Melanzana | 20-35 °C | da marzo a agosto | da gennaio a febbraio e da settembre a dicembre | 50-70 |
Melone | 24-35 °C | da aprile a giugno | a dicembre (solo innestato) | 120 |
Peperone | 18-35 °C | da marzo a agosto | da settembre a febbraio | 120-150 |
Pisello nano | 8-24 °C | fine autunno-inizio inverno | non consigliato | 50-65 |
Pomodoro | 16-35 °C | da marzo a luglio | tutto l'anno | 90-120 |
Porro | 12-25 °C | tutto l'anno | non consigliato | 100-120 |
Prezzemolo | 13-20 °C | tutto l'anno | non consigliato | 25-50 |
Rapa e cime | 15-25 °C | tutto l'anno (tranne marzo e aprile) | non consigliato | 80-120 |
Sedano | 16-21 °C | da marzo a dicembre | non consigliato | 150-180 |
Spinacio | 7-24 °C | tutto l'anno (disponibile gennaio-marzo e agosto-dicembre) | non consigliato | 35-50 |
Zucca | 20-35 °C | da aprile a giugno | non consigliato | 60-90 |
Zucchino | 21-35 °C | da marzo a settembre | da ottobre a febbraio | 25-40 |
Impulsi all'agricoltura biodinamica e sinergica Vilalba di Pieve Santo Stefano (Arezzo) dallaragioneenzo@libero.it dallaragioneenzo@gmail.com
mercoledì 26 luglio 2017
Calendario dei trapianti
domenica 11 giugno 2017
Raccolta di aglio giugno 2017
sabato 3 giugno 2017
Coltivare in letto rialzato e costruzione
L’orto a lasagna, utilizzato nella permacultura, è un orto sopraelevato
rispetto al livello del terreno, grazie ad una struttura rialzata di
contenimento dello stesso o semplicemente grazie ad un accumulo di
terreno realizzato con tutto ciò che è organico e naturale.
Perché coltivare nell’orto lasagna? Ci sono tanti vantaggi:
Se ti piace questo post, condividilo grazie!.
Perché coltivare nell’orto lasagna? Ci sono tanti vantaggi:
- Manutenzione semplice: l’orto rialzato agevola la piantumazione e la cura degli ortaggi
- Risparmio: l’irrigazione è ridotta grazie all’utilizzo della pacciamatura che viene distesa tra gli ortaggi mantenendo così umido il terreno.
- Riciclo di tutti gli elementi organici a disposizione (es. organico cucina, scarti potature, foglie, sfalci d’erba, cartoni etc..).
- Il concime, il compost, la pacciamatura possono essere distribuiti in modo mirato e senza sprechi
- Riduzione delle infestanti sempre grazie alla pacciamatura e alla piantumazione più fitta degli ortaggi
- Aumento della produttività derivato sempre dalla piantumazione più fitta degli ortaggi
- Più varietà di piante, grazie alle condizioni del terreno che possono essere variate in ciascun letto creando la possibilità di coltivare piante che amano caratteristiche del terreno diverse come ad esempio un il terreno acido, un drenaggio maggiore, un orientamento specifico…
- Drenaggio migliore perché il suolo intorno alle piante non viene calpestato, ideale in caso di terreni argillosi
- Miglioramento dei tempi di coltivazione, ad esempio si può allungare il periodo di coltivazione perché i letti rialzati tendono a riscaldarsi prima in primavera e rimangono produttivi più a lungo
- Minore attacco di parassiti. La creazione di biodiversità comporta un minore attacco di parassiti agli ortaggi grazie alla piantumazione in sinergia di piante amiche dell’orto, come antiparassitarie, piante in grado di attirare insetti utili, aromatiche, fiori
- Versatilità: l’orto può diventare un elemento estetico molto bello, utile a sfruttare la produttività in spazi più limitati perfino in casa e se ben realizzato ne possono avere cura anche persone disabili
Se ti piace questo post, condividilo grazie!.
sabato 6 maggio 2017
L'unica religione dell'essere è la natura
"C'è bisogno di una nuova cultura anche nella coltivazione, sappiamo ormai che le coltivazioni intensive provocano solo danni all'ambiente che ci costeranno care, sia in ambito economico che morale c'è bisogno di una nuova coscienza agricola del ventunesimo secolo."
Il Giardino di Zerdesht.
Quale deve essere il giusto atteggiamento conoscitivo nei confronti della natura?
di Francesco Lamendola - 07/04/2015Fonte: Arianna editrice
Oggi
si fa un gran parlare della natura, dell’ecologia, del ripristino di un
autentico rapporto fra uomo e ambiente, fra uomo e animali, fra uomo e
natura; se ne parla anche troppo, e sovente a sproposito, perché non
viene chiarito in via preliminare che cosa sia la natura per noi, in
quale modo la possiamo conoscere e, di conseguenza, quale sia il giusto
atteggiamento conoscitivo che dobbiamo assumere verso di essa.
Si
dice e si ripete, per esempio, che il disastro ecologico attuale è
stato provocato dal fatto che l’uomo si è allontanato dalla natura, che
si è dimenticato di essere parte della natura, il che è una mezza
verità; l’altra mezza consiste nel fatto che il disastro ecologico è
stato provocato anche dal fatto che l’uomo si è dimenticato di essere
uomo, cioè creatura spirituale, ragionevole e dotata di libero arbitrio,
per abbandonarsi ai suoi istinti inferiori, e specialmente all’istinto
del possesso avido e sfrenato: vale a dire che egli è stato troppo
indulgente con la propria parte naturale e troppo poco attento ed
esigente circa la sua parte ragionevole e morale.
D’altra
parte, è chiaro che l’uomo non può porsi di fronte alla natura, così
come non può porsi di fronte ad alcunché, senza porsi, preliminarmente,
dinnanzi a se stesso. Se si pensa che l’uomo sia solo e unicamente
natura, allora egli non potrebbe avere alcun atteggiamento verso di
essa, perché l’occhio che guarda non potrà mai vedere se stesso, ma
sempre e solo degli oggetti che stanno fuori di lui (e sia pure la sua
immagine riflessa in uno specchio, che non è propriamente l’occhio, ma,
appunto, solo una immagine dell’occhio). Ora, il naturalismo largamente
diffuso nella cultura odierna, non di rado inconsapevole proprio nel suo
darsi per scontato, presuppone che l’uomo percepisca se stesso non come
altro dalla natura, ma come parte della natura. Questa, però, sarebbe
una contraddizione in termini: se così fosse, l’uomo non penserebbe
niente della natura, così come non penserebbe niente di se stesso:
sarebbe un essere puramente istintivo. Nella misura in cui pensa, si
stupisce e domanda, l’uomo manifesta la sua essenza originaria, che è
sovra-naturale: nella misura in cui s’interroga, egli si trascende, e,
trascendendosi, si pone come altro dalla natura, pur se dalla natura
egli proviene e pur se, per un aspetto, ne fa tuttavia parte.
L’uomo,
dunque, fa parte della natura, ma non è, semplicemente, natura: e tutte
le filosofie che vorrebbero restaurare il suo presunto stato naturale
originario, non tengono conto di questa semplice verità: che l’uomo, da
quando è uomo, non è più natura, non è più solo natura, ma è divenuto
qualcos’altro, qualcosa che riflette e s’interroga e, pertanto, si pone
rispetto alla natura come un soggetto rispetto ad un oggetto. E questo
vale per chiunque sappia ragionare, compresi gli evoluzionisti e, in
generale, tutti coloro i quali hanno una concezione materialistica
dell’uomo e meccanicistica della natura, i quali tanto amano insistere
sulla “istintualità” e sulla “naturalità” originarie dell’uomo,
dimenticando che di un tale uomo, se è mai esistito, nulla possiamo
dire, perché l’uomo che conosciamo è quello che si è emancipato dal puro
istinto e che si è proteso al di sopra della sua condizione naturale,
chiedendosi quale sia il significato del tutto e quale il suo destino
finale: l’uomo sociale e culturale, dunque, non l’uomo naturale.
Sarebbe
del pari sbagliato circoscrivere l’essenza della specificità umana alla
ragione e alla volontà. Nell’uomo è un altro fattore originario,
perfino anteriore al pensiero e alla volontà: la capacità di stupirsi
davanti alle cose e di provare inquietudine per il mistero del mondo e
della sua stessa vita. Tutto questo è espressione di una attitudine
contemplativa: prima che ansioso di manipolare le cose, l’uomo è
suscettibile di ammirarle e di meravigliarsene, ponendosi, di fronte ad
esse, in un atteggiamento assolutamente disinteressato e di pura
ammirazione, cioè, appunto, contemplativo. L’uomo “primitivo”, infatti, è
artista in senso eminente: e basta osservare le incisioni e le pitture
rupestri, per non parlare dei misteriosi complessi megalitici sparsi in
tutto il mondo, per rendersi conto che, per lui, la cosa più importante,
oltre ad assicurare la propria sopravvivenza, era stabilire un rapporto
armonioso con il mondo, facendo leva sul senso estetico e sul senso
religioso, l’uno strettamente legato all’altro.
Colui
che ha decorato, con mano sicura e felicissima, le pareti delle grotte
di Altamira e di Lascaux, in Europa; colui che ha impresso, innumerevoli
volte, lo stampo delle proprie mani, in svariati colori, contro lo
sfondo scuro della roccia, nel Cañadon de Las Pinturas, laggiù, in
Patagonia, agli estremi confini del mondo: ebbene, costui non poteva
essere una creatura puramente istintuale e naturale, e nemmeno un essere
puramente razionale e volitivo. Era una creatura assetata di bellezza e
di verità, che esprimeva la sua immensa meraviglia e il suo ardente
bisogno di comunione con le cose, attingendo a un senso estetico che
veniva dalla sua dimensione più intima e profonda, anteriore alla logica
strumentale e a qualunque attitudine calcolante.
Ci
sembrano degne di interesse le riflessioni svolte in proposito da Rocco
Buttiglione nel suo libro «Il problema politico dei cattolici. Dottrina
sociale e modernità» (Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 1993), pp.
184-6):
«Ciò che noi chiamiamo natura è un oggetto complesso.
Innanzitutto la natura è data a priori. E per riconoscere come tale ciò che è dato a priori, dobbiamo assumere un ATTEGGIAMENTO CONTEMPLATIVO. Dobbiamo lasciar essere le cose così come sono; dobbiamo diventare sensibili al loro SIGNIFICATO e al loro LINGUAGGIO.
L’arte vede nella natura i valori naturali che bisogna tutelare. Ci aiuta così a comprendere LA NATURA COME LINGUAGGIO e
a interpretare il suo significato. Già in questo momento contemplativo è
compresa, allora, una attività creativa dell’uomo come soggetto. La
contemplazione è un comprendere attraverso cui la verità della natura
viene estratta dalla natura stessa e messa in evidenza.
Si
impone l’affermazione secondo cui la natura intesa come linguaggio
rimanda a un soggetto che ha tracciato questi segni. L’atteggiamento
autenticamente artistico è il più affine a quello dei santi e degli uomini religiosi.
In secondo luogo la natura è UN COMPITO ANCORA DA REALIZZARE.
Il mondo inteso come segno richiede una risposta. La bellezza percepita
nella natura ha bisogno dell’aiuto dell’uomo per conservarsi. Il mondo è
incompiuto. È nostro dovere e “responsabilità” porta tarlo a
compimento. Attraverso il LAVORO L’UOMO CREA IL MONDO, MA NON IN MODO ARBITRARIO,
bensì rispettando le forze interne che sono insite negli oggetti della
natura fin dal principio. La sua produzione non è un creare, ma un
collaborare, che può essere compito solo nel dialogo con il primo dono
dell’essere.
Se intendiamo la natura e l’uomo in questo modo, cambia anche la nostra concezione di scienza e di tecnica.
La
scienza, allora, viene intesa nella sua essenza come concetto astratto.
Essa non svela la verità sulla natura, ma fa luce sui processi naturali
singoli, a sé stanti. Al fine di comprenderli meglio, essi vengono
isolati, astratti dal rapporto vivo con il tutto. Le scienze della
natura non ci forniscono la natura o la realtà così come sono. Non ciò
che è reale viene osservato dalle scienze della natura.
Esse compiono una particolare astrazione, forniscono un particolare livello di astrazione della realtà.
Il
punto di riferimento della nostra comprensione della natura non può
essere il mondo che le scienze della natura ci presentano, bensì il
mondo così come si dà nella conoscenza diretta. Le scienze della natura
possono, sì, perfezionare e ampliare la comprensione del mondo che è
data nella conoscenza diretta, ma non la possono sostituire. Sulla
conoscenza diretta si basa piuttosto una comprensione
artistico-religiosa della natura. Essa ci manifesta per così dire le
forze positive degli oggetti della natura e ci spinge a portarli a
compimento. Tuttavia al tempo stesso non si può accantonare il fatto che
l’uomo ha anche un interesse immediato allo sfruttamento della natura.
Al fine di soddisfare i propri bisogni, l’uomo usa gli oggetti della
natura per i propri scopi.
Compito della TECNOLOGIA è di mediare tra BISOGNI UMANI, OGGETTI DELLA NATURA E RISPETTO CONTEMPLATIVO DEI VALORI DELLA NATURA
per assicurare contemporaneamente l’autoconservazione dell’uomo e
quella della natura. Ciò è possibile solo quando la contemplazione viene
riconosciuta e vissuta anch’essa come un bisogno umano, o addirittura
come il più alto dei bisogni umani. L’uomo non vuole soltanto esistere,
ma anche vivere una vita umana alla luce del vero, del bello e del bene.
Sotto certi aspetti l’intero problema ecologico e il problema della
nostra civiltà nascono da un equivoco riguardo alla natura dell’uomo.
Sulla base di tale equivoco si è sviluppata una tecnica unilaterale, che
ha perduto il rapporto con la contemplazione.
Oggi
la civiltà moderna è in crisi nella misura in cui è costruita su una
concezione prometeica del mondo e dell’uomo. L’uomo non vuole
riconoscere nel mondo alcun valore, bensì vuole agire come se fosse egli
stesso a conferire valore alle cose. L’uomo può certamente conferire
valore alle cose, ma solo se prima riconosce il vero valore delle cose.
Egli non costituisce il valore delle cose, ma contribuisce a
costituirlo. Il fondamento rimane l’origine in una creazione divina.
La
concezione prometeica della soggettività umana che ha segnato con la
propria impronta la filosofia europea, e in particolare quella tedesca
da Kant a Marx, è fallita. Non dobbiamo, però, ritornare a un’idea di
mondo, come la auspicava Heidegger sulla scorta dei presocratici, che fa
valere la natura in quanto natura e nega completamente l’intervento
dell’uomo nella costituzione della realtà. Dobbiamo piuttosto
riconcepire il RAPPORTO RECIPROCO DI OGGETTIVITÀ E SOGGETTIVITÀ NELL’AGIRE UMANO.
L’uomo è autore di una SECONDA COSTITUZIONE DELLA REALTÀ, che non si fonda su una materia completamente indefinita,della quale si possa disporre secondo il proprio arbitrio.
Egli
costruisce piuttosto su una forma del mondo già presente, ma ancora
incompiuta. Lavorare significa collaborare a costituire e a creare, in
un dialogo indispensabile con il primo soggetto della costituzione e
della creazione del mondo, che tutte le religioni chiamano Dio. Un
lavoro così concepito deve ricuperare il suo pieno splendore come azione
etica dell’uomo, che egli intraprende con tutto il suo essere, con le
sue forze e i suoi bisogni fisici, come con la sua contemplazione e la sua capacità di trascendenza. Solo
l’obbedienza alla prima creazione può garantire che l’azione umana
porti la natura al suo compimento e non alla sua definitiva distruzione e
annientamento.»
Riassumendo.
La tecnica esprime una attitudine legittima dell’uomo, ma non può
essere assolutizzata, né, soprattutto, sciolta dal problema della sua
destinazione: che é un problema etico, cioè un problema di valori. E la
stessa cosa vale per il rapporto fra l’uomo e la natura: il fatto che
egli si serva di essa esprime una istanza legittima, senza la quale
l’uomo non potrebbe sussistere o, quanto meno, non potrebbe sussistere
nella sua dimensione culturale e spirituale: dovrebbe regredire a uno
stato animalesco e irriflesso. Ma l’uomo, lo abbiamo visto, è una
creatura riflessa: ha mangiato il frutto proibito, ha scelto il mondo
dei valori e voltato le spalle a quello del puro istinto; indietro non
può tornare. Gli rimane solo la scelta se vuole restare fedele a se
stesso in armonia con le cose e con la natura, oppure in guerra contro
di esse. Se sceglie questa seconda strada, finisce per entrare in guerra
contro se stesso, perché egli è natura divenuta consapevole e
auto-trascesa, ma sempre continuando a far parte, per un verso, della
natura medesima. Non è un angelo: non è una creatura puramente
spirituale. Può scegliere se diventare un diavolo, stringendo un patto
faustiano con le forze che soddisfano la sua “cupiditas”, che è
espressione del matrimonio fra la sua natura inferiore e la tecnica, da
cui ricava la vertigine dell’onnipotenza.
L’uomo
prometeico che sfida gli dèi, l’uomo faustiano che vende la propria
anima al Diavolo, sono la manifestazione di un corto circuito avvenuto
nella condizione umana, allorché l’uomo perde il proprio orientamento
spirituale, la propria capacità contemplativa, e si fa servo delle
proprie passioni distruttive, prima fra tute la brama di possesso, che
si esplicita come manipolazione illimitata delle cose, dei suoi simili –
e, da ultimo, anche di se stesso.
C’è
un solo modo per evitare questo destino: ritrovare le proprie radici
spirituali, ritornare ad essere creatura che ammira, ama e ringrazia il
suo creatore: l’Essere da cui proviene ed al quale ritornerà...
venerdì 28 aprile 2017
Flora poesia antroposofica
Sui rami nudi, a breve, piume e foglie,
e l’acqua avrà sussurri cristallini,
e tu, vestita di dolcezza andrai
lieve sfiorando primule che, bianche,
esalteranno la tua pelle rosa.
Io so che al tuo passare silenzioso,
aerea corsa, transito felice,
tutto sarà come nel primo giorno.
Ripartirà la vita, il macchinario
fermo del tempo prenderà nel ritmo
atono e freddo nuova melodia
d’astri remoti, luce e sincronia.
Forte la Voce chiamerà ad esistere
fuori dal sonno i nostri desideri,
dal gelo inestricabile i pensieri.
Fulvio Di Lieto
domenica 23 aprile 2017
Dalla vite maritata ai sostegni per le piante
QUANDO
LA VITE SI MARITAVA
AGLI OPPI
“ La
vite, per esempio, richiedeva una cura e un impegno continuo, durante tutto
l’arco dell’anno, inverno compreso, quando era tempo di potature. Era coltivata
a piantata, cioè
appoggiata a filari regolari di alberi che ricoprivano quasi tutti i campi,
perlomeno quelli esposti al sole.
Anche
la vite è femmina; in Toscana, dicevano che la vite
ha bisogno “dell’omo”, e l’omo, per la vite, era un
albero.
La vite
si legava all’albero, l’abbracciava, vi si appoggiava per salire verso il sole,
cercando il calore che faceva maturare l’uva, allontanandola dall’umidità del
terreno, però non al modo di una soffocante edera malefica, né come
un’ingombrante, inutile vitalba.
La vite
si sposava all’albero. Era un amore: un tacito reciproco consenso. Un
matrimonio con l’acero campestre (l’oppio),
oppure l’olmo, il gelso, o persino il pioppo nelle zone di pianura.
In alcune
parti d’Italia, non a caso chiamavano questa coltivazione “vite maritata”. È
un tipo di coltura che pare risalire agli Etruschi e che da noi si è
mantenuto fino a circa quarant’anni fa” .Strutture di sostegno delle piante
Il sostegno delle piante è un aspetto molto importante della cura di giardino ed orto, che però non sempre viene tenuto nella giusta considerazione. Le specie vegetali possono infatti essere minacciate dal vento e dagli agenti atmosferici o più semplicemente dal loro stesso peso, prostrarsi a terra ed addirittura arrivare a spezzarsi.Questo vale ancor di più per le specie orticole che, su fusti di ridotti diametri, portano frutti grossi e pesanti e che se lasciate crescere liberamente si prostrerebbero a terra compro
mettendo la produttività e la qualità degli ortaggi.
Attraverso i tutori si possono creare architetture creative che arricchiscono l'habitat delle piante e del giardino.
Tipologie di tutori
Sono molte le tipologie di tutore che si possono impiegare per il sostegno delle piante, e per scegliere di volta in volta qual è la soluzione migliore è bene conoscerle in modo approfondito.- Tutori in bambù
sono leggeri, robusti ed ecocompatibili e possono essere impiegati in diversi contesti, sia nell’orto che nel giardino. - Tutori in legno
solitamente quelli che si trovano in commercio presentano un’estremità appuntita che facilita la penetrazione nel terreno e sono trattati con speciali prodotti che li rendono resistenti agli agenti atmosferici; nel caso di un palo “fai da te”, al contrario, bisogna provvedere ad appuntire il sostegno e a rivestirlo di un apposito prodotto conservante. Si possono impiegare rami provenienti da ceppaie che sopportano le potature (es. nocciolo, castagno, robinia…) oppure pali di maggiori dimensioni, in eucalipto o pino. - Tutori in ferro
possono essere usati tondini in ferro da armatura del diametro di 12 si trovano nei magazzini di prodotti per edilizia e di lunghezze fino a 6 mt. Pratici per costruire archi e strutture aeree modellabili.
domenica 16 aprile 2017
La caotizzazione del seme.
"Lo Steiner nel 1924 disse che il seme è in una posizione di 'riposo',possiede cioè un ordine...ma quando noi lo poniamo nel terreno ( in presenza di una certa umidità nel suolo )...inizia immediatamente a 'muoversi' ( usando un termine antroposofico...'etericamente' inizia a muoversi )... anche se 'fisicamente' inizia a 'muoversi' molte ore dopo...la sua proteina entra in una situazione di disfacimento, di 'caos',di disordine...si viene cioè a rompere l'ordine iniziale (del seme)...in questo istante nel seme si presenta la possibilità e disponibilità ad assorbire i vari fattori esterni legati ai processi vitali che influenzeranno poi il nuovo ordine, cioè quello della futura pianta.....L'ambiente vivente circostante ha la possibilità, quindi, di imprimersi in vario modo durante questo processo di 'caotizzazione'."
Tratto da un post di Cappi Andrea. in Calendario agricolo (e agricoltura biodinamica).
Tutto volge al calore del sole, non c'è pianta che non vibra non c'è animale che rimane quieto e anche io nell'anima cerco la luce. Adesso ho la sensazione di cambiare pelle, questa primavera mi stanca ma è come una stanchezza dopo un sonno profondo, un riemergere al giorno.
Molte cose da fare la stagione inizia luminosa, occorre muoversi trovare il tempo giusto dopo un lungo girovagare dentro se stessi adesso è tempo di consumarsi.
Il Giardino di Zerdesht aprile 2017.
sabato 15 aprile 2017
Il migliore Azoto per il giardino
Il miglior Azoto per il vostro orto siete Voi stessi come L'Azoth (o Azoto), in alchimia è un solvente o farmaco universale, affine ad altre sostanze sottili come l'etere o l'alkaesth che si otterrebbe disciogliendo lo spirito vitale nascosto nella materia grossolana.
Ecco gli alchimisti operavano attraverso un solvente universale che doveva trasformare la materia in spirito. Osserviamo la natura, da un minuscolo seme crea una pianta ecco che il pensare perfetto crea una condizione univoca perfetta che non ha bisogno di interferenze. Voi tutti che coltivate per passione siete i veri alchimisti che posate il seme guardate gli astri e con grande spirito coltivate ciò che per natura è perfetto nel vostro mare di pensare che è il giardino quasi perfetto quello umano.
"Il tuo orto cos'è se non un po di te stesso disciolto in esso."
Wolf-Dieter Storl
Fammi vedere il tuo giardino e ti dirò ' chi sei: un giardino non è soltanto il biotopo, costituito da ogni sorta di piante, animali e della terra, ma lui è un mischwesen un'individualità, creati attraverso l'interazione del grande e del piccolo, il creatore Natura e dell'uomo.
"Nel nostro giardino siamo noi il faro illuminante"
Gurdatevi intorno, tutto ciò è opera vostra, siete voi il sovente universale nel vostro giardino e quello che appare materia e che avete coltivato con dedizione si trasforma in spirito ed in voi stessi ma in un altra forma e se qualcosa non va o disturba il vostro lavoro forse è in qualcosa che a che fare con noi anche se non lo comprendiamo. Leggiamo il libro della natura leggiamo noi stessi.
Ecco gli alchimisti operavano attraverso un solvente universale che doveva trasformare la materia in spirito. Osserviamo la natura, da un minuscolo seme crea una pianta ecco che il pensare perfetto crea una condizione univoca perfetta che non ha bisogno di interferenze. Voi tutti che coltivate per passione siete i veri alchimisti che posate il seme guardate gli astri e con grande spirito coltivate ciò che per natura è perfetto nel vostro mare di pensare che è il giardino quasi perfetto quello umano.
"Il tuo orto cos'è se non un po di te stesso disciolto in esso."
Wolf-Dieter Storl
Fammi vedere il tuo giardino e ti dirò ' chi sei: un giardino non è soltanto il biotopo, costituito da ogni sorta di piante, animali e della terra, ma lui è un mischwesen un'individualità, creati attraverso l'interazione del grande e del piccolo, il creatore Natura e dell'uomo.
"Nel nostro giardino siamo noi il faro illuminante"
Gurdatevi intorno, tutto ciò è opera vostra, siete voi il sovente universale nel vostro giardino e quello che appare materia e che avete coltivato con dedizione si trasforma in spirito ed in voi stessi ma in un altra forma e se qualcosa non va o disturba il vostro lavoro forse è in qualcosa che a che fare con noi anche se non lo comprendiamo. Leggiamo il libro della natura leggiamo noi stessi.
sabato 8 aprile 2017
Manuale orto sinergico
l metodo dell’agricoltura sinergica è stato ideato dall’agricoltrice spagnola Emilia Hazelip e si basa sui principi di Masanobu Fukuoka secondo i quali il terreno di coltivazione non necessita di lavorazioni, la lotta ai parassiti viene fatta in modo naturale tramite l’introduzione di insetti utili e ogni intervento di fertilizzazione è da evitare scegliendo a tal fine soltanto colture da sovescio ovvero quelle colture come fava, senape e ravizzone. Quindi diversamente dall’agricoltura classica non si interviene direttamente sul terreno, non si altera quell’equilibrio naturale di microfauna e microrganismi che proliferano nei primi strati del substrato e non si interviene con concimazioni specifiche ma si lascia questo compito alla natura permettendo alle piante la conclusione del loro ciclo vitale nel terreno
L’agricoltura sinergica è un metodo di coltivazione rivoluzionario elaborato a partire
dagli anni ’80 dall’agricoltrice spagnola Emilia Hazelip (1938-2003) adattando al clima
mediterraneo i principi dell’agricoltura naturale estrapolati dall’agronomo giapponeseMasanobu
Fukuoka (1913-2008)
Questo piccolo e agile manuale, poco più di un opuscolo, scaturisce quindi dall’esigenza
di raccogliere le informazioni necessarie per dare risposte e stimoli a chi è interessato
all’argomento e vuole iniziare la coltivazione di un orto sinergico.
http://www.silentevolution.net/docs/Manuale-orto-sinergico.pdf
sabato 1 aprile 2017
Recinto fatto di bancali
Ho realizzato un recinto partendo dai bancali in legno che altrimenti venivano smaltiti come rifiuti legnosi.
Questo è un rifiuto della società cosiddetta moderna milioni di bancali in legno utilizzati per trasportare merci che poi vengono smaltiti come rifiuti legnosi. Parliamo di milioni di piante
abbattute per trasportare merci.
Ci sono in rete migliaia di modi per riciclarli io li ho usati per fare una recinzione che andrò a completare con la tinteggiatura per renderla resistente agli agenti atmosferici.
1) schiodatura della parte inferiore
2) sagomatura e assemblaggio
Iscriviti a:
Post (Atom)