domenica 11 giugno 2017

Raccolta di aglio giugno 2017

Impianto di bulbi di aglio ad ottobre 2016 con luna nella costellazione della Vergine, Sole in Vergine
Mercurio in Vergine, Venere in Vergine segno di radici
Raccolta mese di giugno, luna in Vergine.


 

Il pianeta che domina questa pianta è Marte e la divinità ad essa associata è Ecate Triforme.














sabato 3 giugno 2017

Coltivare in letto rialzato e costruzione

L’orto a lasagna, utilizzato nella permacultura, è un orto sopraelevato rispetto al livello del terreno, grazie ad una struttura rialzata di contenimento dello stesso o semplicemente grazie ad un accumulo di terreno realizzato con tutto ciò che è organico e naturale.
orto rialzato



Perché coltivare nell’orto lasagna? Ci sono tanti vantaggi:
  1. Manutenzione semplice: l’orto rialzato agevola la piantumazione e la cura degli ortaggi
  2. Risparmio: l’irrigazione è ridotta grazie all’utilizzo della pacciamatura che viene distesa tra gli ortaggi mantenendo così umido il terreno.
  3. Riciclo di tutti gli elementi organici a disposizione (es. organico cucina, scarti potature, foglie, sfalci d’erba, cartoni etc..).
  4. Il concime, il compost, la pacciamatura possono essere distribuiti in modo  mirato e senza sprechi
  5. Riduzione delle infestanti sempre grazie alla pacciamatura e alla piantumazione più fitta degli ortaggi
  6. Aumento della produttività derivato sempre dalla piantumazione più fitta degli ortaggi
  7. Più varietà di piante, grazie alle condizioni del terreno che possono essere variate in ciascun letto creando la possibilità di coltivare piante che amano caratteristiche del terreno diverse come ad esempio un il terreno acido, un drenaggio maggiore, un orientamento specifico…
  8. Drenaggio migliore perché il suolo intorno alle piante non viene calpestato, ideale in caso di terreni argillosi
  9. Miglioramento dei tempi di coltivazione, ad esempio si può  allungare il periodo di coltivazione perché i letti rialzati tendono a riscaldarsi prima in primavera e rimangono produttivi più a lungo
  10. Minore attacco di parassiti. La creazione di biodiversità comporta un minore attacco di parassiti agli ortaggi grazie alla piantumazione in sinergia di piante amiche dell’orto, come antiparassitarie, piante in grado di attirare insetti utili, aromatiche, fiori
  11. Versatilità: l’orto può diventare un elemento estetico molto bello, utile a sfruttare la produttività in spazi più limitati perfino in casa e se ben realizzato ne possono avere cura anche persone disabili











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sabato 6 maggio 2017

L'unica religione dell'essere è la natura







"C'è bisogno di una nuova cultura anche nella coltivazione, sappiamo ormai che le coltivazioni intensive provocano solo danni all'ambiente che ci costeranno care, sia in ambito economico che morale c'è bisogno di una nuova coscienza agricola del ventunesimo secolo."

 Il Giardino di Zerdesht.

Quale deve essere il giusto atteggiamento conoscitivo nei confronti della natura?

di Francesco Lamendola - 07/04/2015
Fonte: Arianna editrice

 
Oggi si fa un gran parlare della natura, dell’ecologia, del ripristino di un autentico rapporto fra uomo e ambiente, fra uomo e animali, fra uomo e natura; se ne parla anche troppo, e sovente a sproposito, perché non viene chiarito in via preliminare che cosa sia la natura per noi, in quale modo la possiamo conoscere e, di conseguenza, quale sia il giusto atteggiamento conoscitivo che dobbiamo assumere verso di essa.

Si dice e si ripete, per esempio, che il disastro ecologico attuale è stato provocato dal fatto che l’uomo si è allontanato dalla natura, che si è dimenticato di essere parte della natura, il che è una mezza verità; l’altra mezza consiste nel fatto che il disastro ecologico è stato provocato anche dal fatto che l’uomo si è dimenticato di essere uomo, cioè creatura spirituale, ragionevole e dotata di libero arbitrio, per abbandonarsi ai suoi istinti inferiori, e specialmente all’istinto del possesso avido e sfrenato: vale a dire che egli è stato troppo indulgente con la propria parte naturale e troppo poco attento ed esigente circa la sua parte ragionevole e morale.

D’altra parte, è chiaro che l’uomo non può porsi di fronte alla natura, così come non può porsi di fronte ad alcunché, senza porsi, preliminarmente, dinnanzi a se stesso. Se si pensa che l’uomo sia solo e unicamente natura, allora egli non potrebbe avere alcun atteggiamento verso di essa, perché l’occhio che guarda non potrà mai vedere se stesso, ma sempre e solo degli oggetti che stanno fuori di lui (e sia pure la sua immagine riflessa in uno specchio, che non è propriamente l’occhio, ma, appunto, solo una immagine dell’occhio). Ora, il naturalismo largamente diffuso nella cultura odierna, non di rado inconsapevole proprio nel suo darsi per scontato, presuppone che l’uomo percepisca se stesso non come altro dalla natura, ma come parte della natura. Questa, però, sarebbe una contraddizione in termini: se così fosse, l’uomo non penserebbe niente della natura, così come non penserebbe niente di se stesso: sarebbe un essere puramente istintivo. Nella misura in cui pensa, si stupisce e domanda, l’uomo manifesta la sua essenza originaria, che è sovra-naturale: nella misura in cui s’interroga, egli si trascende, e, trascendendosi, si pone come altro dalla natura, pur se dalla natura egli proviene e pur se, per un aspetto, ne fa tuttavia parte.

L’uomo, dunque, fa parte della natura, ma non è, semplicemente, natura: e tutte le filosofie che vorrebbero restaurare il suo presunto stato naturale originario, non tengono conto di questa semplice verità: che l’uomo, da quando è uomo, non è più natura, non è più solo natura, ma è divenuto qualcos’altro, qualcosa che riflette e s’interroga e, pertanto, si pone rispetto alla natura come un soggetto rispetto ad un oggetto. E questo vale per chiunque sappia ragionare, compresi gli evoluzionisti e, in generale, tutti coloro i quali hanno una concezione materialistica dell’uomo e meccanicistica della natura, i quali tanto amano insistere sulla “istintualità” e sulla “naturalità” originarie dell’uomo, dimenticando che di un tale uomo, se è mai esistito, nulla possiamo dire, perché l’uomo che conosciamo è quello che si è emancipato dal puro istinto e che si è proteso al di sopra della sua condizione naturale, chiedendosi quale sia il significato del tutto e quale il suo destino finale: l’uomo sociale e culturale, dunque, non l’uomo naturale.

Sarebbe del pari sbagliato circoscrivere l’essenza della specificità umana alla ragione e alla volontà. Nell’uomo è un altro fattore originario, perfino anteriore al pensiero e alla volontà: la capacità di stupirsi davanti alle cose e di provare inquietudine per il mistero del mondo e della sua stessa vita. Tutto questo è espressione di una attitudine contemplativa: prima che ansioso di manipolare le cose, l’uomo è suscettibile di ammirarle e di meravigliarsene, ponendosi, di fronte ad esse, in un atteggiamento assolutamente disinteressato e di pura ammirazione, cioè, appunto, contemplativo. L’uomo “primitivo”, infatti, è artista in senso eminente: e basta osservare le incisioni e le pitture rupestri, per non parlare dei misteriosi complessi megalitici sparsi in tutto il mondo, per rendersi conto che, per lui, la cosa più importante, oltre ad assicurare la propria sopravvivenza, era stabilire un rapporto armonioso con il mondo, facendo leva sul senso estetico e sul senso religioso, l’uno strettamente legato all’altro.

Colui che ha decorato, con mano sicura e felicissima, le pareti delle grotte di Altamira e di Lascaux, in Europa; colui che ha impresso, innumerevoli volte, lo stampo delle proprie mani, in svariati colori, contro lo sfondo scuro della roccia, nel Cañadon de Las Pinturas, laggiù, in Patagonia, agli estremi confini del mondo: ebbene, costui non poteva essere una creatura puramente istintuale e naturale, e nemmeno un essere puramente razionale e volitivo. Era una creatura assetata di bellezza e di verità, che esprimeva la sua immensa meraviglia e il suo ardente bisogno di comunione con le cose, attingendo a un senso estetico che veniva dalla sua dimensione più intima e profonda, anteriore alla logica strumentale e a qualunque attitudine calcolante.

Ci sembrano degne di interesse le riflessioni svolte in proposito da Rocco Buttiglione nel suo libro «Il problema politico dei cattolici. Dottrina sociale e modernità» (Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 1993), pp. 184-6):



«Ciò che noi chiamiamo natura è un oggetto complesso.

Innanzitutto la natura è data a priori. E per riconoscere come tale ciò che è dato a priori, dobbiamo assumere un ATTEGGIAMENTO CONTEMPLATIVO. Dobbiamo lasciar essere le cose così come sono;  dobbiamo diventare sensibili al loro SIGNIFICATO e al loro LINGUAGGIO.

L’arte vede nella natura i valori naturali  che bisogna tutelare. Ci aiuta così a comprendere LA NATURA COME LINGUAGGIO e a interpretare il suo significato. Già in questo momento contemplativo è compresa, allora, una attività creativa dell’uomo come soggetto. La contemplazione è un comprendere attraverso cui la verità della natura viene estratta dalla natura stessa e messa in evidenza.

Si impone l’affermazione secondo cui la natura intesa come linguaggio rimanda a un soggetto che ha tracciato questi segni. L’atteggiamento autenticamente artistico  è il più affine a quello dei santi e degli uomini religiosi.

In secondo luogo la natura è UN COMPITO ANCORA DA REALIZZARE. Il mondo inteso come segno richiede una risposta. La bellezza percepita nella natura ha bisogno dell’aiuto dell’uomo per conservarsi. Il mondo è incompiuto. È nostro dovere e “responsabilità” porta tarlo a compimento. Attraverso il LAVORO L’UOMO CREA IL MONDO, MA NON IN MODO ARBITRARIO, bensì rispettando le forze interne che sono insite negli oggetti della natura fin dal principio. La sua produzione non è un creare, ma un collaborare, che può essere compito solo nel dialogo con il primo dono dell’essere.

Se intendiamo la natura e l’uomo in questo modo, cambia anche la nostra concezione di scienza e di tecnica.

La scienza, allora, viene intesa nella sua essenza come concetto astratto. Essa non svela la verità sulla natura, ma fa luce sui processi naturali singoli, a sé stanti. Al fine di comprenderli meglio, essi vengono isolati, astratti dal rapporto vivo con il tutto. Le scienze della natura non ci forniscono la natura o la realtà così come sono. Non ciò che è reale viene osservato dalle scienze della natura.

Esse compiono una particolare astrazione, forniscono un particolare livello di astrazione della realtà.

Il punto di riferimento della nostra comprensione della natura non può essere il mondo che le scienze della natura ci presentano, bensì il mondo così come si dà nella conoscenza diretta. Le scienze della natura possono, sì, perfezionare e ampliare la comprensione del mondo che è data nella conoscenza diretta, ma non la possono sostituire. Sulla conoscenza diretta si basa piuttosto una comprensione artistico-religiosa della natura. Essa ci manifesta per così dire le forze positive degli oggetti della natura e ci spinge a portarli a compimento. Tuttavia al tempo stesso non si può accantonare il fatto che l’uomo ha anche un interesse immediato allo sfruttamento della natura. Al fine di soddisfare i propri bisogni, l’uomo usa gli oggetti della natura per i propri scopi.

Compito della TECNOLOGIA è di mediare tra BISOGNI UMANI, OGGETTI DELLA NATURA E RISPETTO CONTEMPLATIVO DEI VALORI DELLA NATURA per assicurare contemporaneamente l’autoconservazione dell’uomo e quella della natura. Ciò è possibile solo quando la contemplazione viene riconosciuta e vissuta anch’essa come un bisogno umano, o addirittura come il più alto dei bisogni umani. L’uomo non vuole soltanto esistere, ma anche vivere una vita umana alla luce del vero, del bello e del bene. Sotto certi aspetti l’intero problema ecologico e il problema della nostra civiltà nascono da un equivoco riguardo alla natura dell’uomo. Sulla base di tale equivoco si è sviluppata una tecnica unilaterale, che ha perduto il rapporto con la contemplazione.

Oggi la civiltà moderna è in crisi nella misura in cui è costruita su una concezione prometeica del mondo e dell’uomo. L’uomo non vuole riconoscere nel mondo alcun valore, bensì vuole agire come se fosse egli stesso a conferire valore alle cose. L’uomo può certamente conferire valore alle cose, ma solo se prima riconosce il vero valore delle cose. Egli non costituisce il valore delle cose, ma contribuisce a costituirlo.  Il fondamento rimane l’origine in una creazione divina.

La concezione prometeica della soggettività umana che ha segnato con la propria impronta la filosofia europea, e in particolare quella tedesca da Kant a Marx, è fallita. Non dobbiamo, però, ritornare a un’idea di mondo, come la auspicava Heidegger sulla scorta dei presocratici, che fa valere la natura in quanto natura e nega completamente l’intervento dell’uomo nella costituzione della realtà. Dobbiamo piuttosto riconcepire il RAPPORTO RECIPROCO DI OGGETTIVITÀ E SOGGETTIVITÀ NELL’AGIRE UMANO.

L’uomo è autore di una SECONDA COSTITUZIONE DELLA REALTÀ, che non si fonda su una materia completamente indefinita,della quale si possa disporre secondo il proprio arbitrio.

Egli costruisce piuttosto su una forma del mondo già presente, ma ancora incompiuta. Lavorare significa collaborare a costituire e a creare, in un dialogo indispensabile con il primo soggetto della costituzione e della creazione del mondo, che tutte le religioni chiamano Dio. Un lavoro così concepito deve ricuperare il suo pieno splendore come azione etica dell’uomo, che egli intraprende con tutto il suo essere, con le sue forze e i suoi bisogni fisici, come con la sua contemplazione e  la sua capacità di trascendenza. Solo l’obbedienza alla prima creazione può garantire che l’azione umana porti la natura al suo compimento e non alla sua definitiva distruzione e annientamento.»



Riassumendo. La tecnica esprime una attitudine legittima dell’uomo, ma non può essere assolutizzata, né, soprattutto, sciolta dal problema della sua destinazione: che é un problema etico, cioè un problema di valori. E la stessa cosa vale per il rapporto fra l’uomo e la natura: il fatto che egli si serva di essa esprime una istanza legittima, senza la quale l’uomo non potrebbe sussistere o, quanto meno, non potrebbe sussistere nella sua dimensione culturale e spirituale: dovrebbe regredire a uno stato animalesco e irriflesso. Ma l’uomo, lo abbiamo visto, è una creatura riflessa: ha mangiato il frutto proibito, ha scelto il mondo dei valori e voltato le spalle a quello del puro istinto; indietro non può tornare. Gli rimane solo la scelta se vuole restare fedele a se stesso in armonia con le cose e con la natura, oppure in guerra contro di esse. Se sceglie questa seconda strada, finisce per entrare in guerra contro se stesso, perché egli è natura divenuta consapevole e auto-trascesa, ma sempre continuando a far parte, per un verso, della natura medesima. Non è un angelo: non è una creatura puramente spirituale. Può scegliere se diventare un diavolo, stringendo un patto faustiano con le forze che soddisfano la sua “cupiditas”, che è espressione del matrimonio fra la sua natura inferiore e la tecnica, da cui ricava la vertigine dell’onnipotenza.

L’uomo prometeico che sfida gli dèi, l’uomo faustiano che vende la propria anima al Diavolo, sono la manifestazione di un corto circuito avvenuto nella condizione umana, allorché l’uomo perde il proprio orientamento spirituale, la propria capacità contemplativa, e si fa servo delle proprie passioni distruttive, prima fra tute la brama di possesso, che si esplicita come manipolazione illimitata delle cose, dei suoi simili – e, da ultimo, anche di se stesso.

C’è un solo modo per evitare questo destino: ritrovare le proprie radici spirituali, ritornare ad essere creatura che ammira, ama e ringrazia il suo creatore: l’Essere da cui proviene ed al quale ritornerà...

venerdì 28 aprile 2017

Flora poesia antroposofica

Sui rami nudi, a breve, piume e foglie,

e l’acqua avrà sussurri cristallini,

e tu, vestita di dolcezza andrai

lieve sfiorando primule che, bianche,

esalteranno la tua pelle rosa.

Io so che al tuo passare silenzioso,

aerea corsa, transito felice,

tutto sarà come nel primo giorno.

Ripartirà la vita, il macchinario

fermo del tempo prenderà nel ritmo

atono e freddo nuova melodia

d’astri remoti, luce e sincronia.

Forte la Voce chiamerà ad esistere

fuori dal sonno i nostri desideri,

dal gelo inestricabile i pensieri.


                         Fulvio Di Lieto


domenica 23 aprile 2017

Dalla vite maritata ai sostegni per le piante


QUANDO LA VITE SI MARITAVA AGLI OPPI

“ La vite, per esempio, richiedeva una cura e un impegno continuo, durante tutto l’arco dell’anno, inverno compreso, quando era tempo di potature. Era coltivata a piantata, cioè appoggiata a filari regolari di alberi che ricoprivano quasi tutti i campi, perlomeno quelli esposti al sole.
Anche la vite è femmina; in Toscana, dicevano che la vite
ha bisogno “dell’omo”, e l’omo, per la vite, era un albero.
La vite si legava all’albero, l’abbracciava, vi si appoggiava per salire verso il sole, cercando il calore che faceva maturare l’uva, allontanandola dall’umidità del terreno, però non al modo di una soffocante edera malefica, né come un’ingombrante, inutile vitalba.
La vite si sposava all’albero. Era un amore: un tacito reciproco consenso. Un matrimonio con l’acero campestre (l’oppio), oppure l’olmo, il gelso, o persino il pioppo nelle zone di pianura.
In alcune parti d’Italia, non a caso chiamavano questa coltivazione “vite maritata”. È  un tipo di coltura che pare risalire agli Etruschi e che da noi si è mantenuto fino a circa quarant’anni fa” .

 

Strutture di sostegno delle piante

Il sostegno delle piante è un aspetto molto importante della cura di giardino ed orto, che però non sempre viene tenuto nella giusta considerazione. Le specie vegetali possono infatti essere minacciate dal vento e dagli agenti atmosferici o più semplicemente dal loro stesso peso, prostrarsi a terra ed addirittura arrivare a spezzarsi.
Questo vale ancor di più per le specie orticole che, su fusti di ridotti diametri, portano frutti grossi e pesanti e che se lasciate crescere liberamente si prostrerebbero a terra compro
mettendo la produttività e la qualità degli ortaggi.
Attraverso i tutori si possono creare architetture creative che arricchiscono l'habitat delle piante e del giardino.

Tipologie di tutori

Sono molte le tipologie di tutore che si possono impiegare per il sostegno delle piante, e per scegliere di volta in volta qual è la soluzione migliore è bene conoscerle in modo approfondito.
  • Tutori in bambù
    sono leggeri, robusti ed ecocompatibili e possono essere impiegati in diversi contesti, sia nell’orto che nel giardino. 
  • Tutori in legno
    solitamente quelli che si trovano in commercio presentano un’estremità appuntita che facilita la penetrazione nel terreno e sono trattati con speciali prodotti che li rendono resistenti agli agenti atmosferici; nel caso di un palo “fai da te”, al contrario, bisogna provvedere ad appuntire il sostegno e a rivestirlo di un apposito prodotto conservante. Si possono impiegare rami provenienti da ceppaie che sopportano le potature (es. nocciolo, castagno, robinia…) oppure pali di maggiori dimensioni, in eucalipto o pino.
  • Tutori in ferro
    possono essere usati tondini in ferro da armatura del diametro di 12 si trovano nei magazzini di prodotti per edilizia e di lunghezze fino a 6 mt. Pratici per costruire archi e strutture aeree modellabili.
Una volta istallati i tutori si passa alla fase successiva, ossia la legatura della pianta al supporto mediante i legacci, che possono essere realizzati con diversi materiali.


 




 

















domenica 16 aprile 2017

La caotizzazione del seme.


"Lo Steiner nel 1924 disse che il seme è in una posizione di 'riposo',possiede cioè un ordine...ma quando noi lo poniamo nel terreno ( in presenza di una certa umidità nel suolo )...inizia immediatamente a 'muoversi' ( usando un termine antroposofico...'etericamente' inizia a muoversi )... anche se 'fisicamente' inizia a 'muoversi' molte ore dopo...la sua proteina entra in una situazione di disfacimento, di 'caos',di disordine...si viene cioè a rompere l'ordine iniziale (del seme)...in questo istante nel seme si presenta la possibilità e disponibilità ad assorbire i vari fattori esterni legati ai processi vitali che influenzeranno poi il nuovo ordine, cioè quello della futura pianta.....L'ambiente vivente circostante ha la possibilità, quindi, di imprimersi in vario modo durante questo processo di 'caotizzazione'."

Tratto da un post di Cappi Andrea. in Calendario agricolo (e agricoltura biodinamica).


Tutto volge al calore del sole, non c'è pianta che non vibra non c'è animale che rimane quieto e anche io nell'anima cerco la luce. Adesso ho la sensazione di cambiare pelle, questa primavera mi stanca ma è come una stanchezza dopo un sonno profondo, un riemergere al giorno.
Molte cose da fare la stagione inizia luminosa, occorre muoversi trovare il tempo giusto dopo un lungo girovagare dentro se stessi adesso è tempo di consumarsi.



Il Giardino di Zerdesht aprile 2017.















sabato 15 aprile 2017

Il migliore Azoto per il giardino

Il miglior Azoto per il vostro orto siete Voi stessi come  L'Azoth (o Azoto), in alchimia  è un solvente o farmaco universale, affine ad altre sostanze sottili come l'etere o l'alkaesth che si otterrebbe disciogliendo lo spirito vitale nascosto nella materia grossolana.



Ecco gli alchimisti operavano attraverso un solvente universale che doveva trasformare la materia in spirito. Osserviamo la natura, da un minuscolo seme crea una pianta ecco che il pensare perfetto crea una condizione univoca perfetta che non ha bisogno di interferenze. Voi tutti che coltivate per passione siete i veri alchimisti che posate il seme guardate gli astri e con grande spirito coltivate ciò che per natura è perfetto nel vostro mare di pensare che è il giardino quasi perfetto quello umano.



"Il tuo orto cos'è se non un po di te stesso disciolto in esso."

Wolf-Dieter Storl

Fammi vedere il tuo giardino e ti dirò ' chi sei: un giardino non è soltanto il biotopo, costituito da ogni sorta di piante, animali e della terra, ma lui è un mischwesen un'individualità, creati attraverso l'interazione del grande e del piccolo, il creatore Natura e dell'uomo.





"Nel nostro giardino siamo noi il faro illuminante"

Gurdatevi intorno, tutto ciò è opera vostra, siete voi il sovente universale nel vostro giardino e quello che appare materia e che avete coltivato con dedizione si trasforma in spirito ed in voi stessi ma in un altra forma e se qualcosa non va o disturba il vostro lavoro forse è in qualcosa che a che fare con noi anche se non lo comprendiamo. Leggiamo il libro della natura leggiamo noi stessi.


sabato 8 aprile 2017

Manuale orto sinergico


l metodo dell’agricoltura sinergica è stato ideato dall’agricoltrice spagnola Emilia Hazelip e si basa sui principi di Masanobu Fukuoka secondo i quali il terreno di coltivazione non necessita di lavorazioni, la lotta ai parassiti viene fatta in modo naturale tramite l’introduzione di insetti utili e ogni intervento di fertilizzazione è da evitare scegliendo a tal fine soltanto colture da sovescio ovvero quelle colture come fava, senape e ravizzone. Quindi diversamente dall’agricoltura classica non si interviene direttamente sul terreno, non si altera quell’equilibrio naturale di microfauna e microrganismi che proliferano nei primi strati del substrato e non si interviene con concimazioni specifiche ma si lascia questo compito alla natura permettendo alle piante la conclusione del loro ciclo vitale nel terreno



L’agricoltura sinergica è un metodo di coltivazione rivoluzionario elaborato a partire
dagli anni ’80 dall’agricoltrice spagnola Emilia Hazelip (1938-2003) adattando al clima
mediterraneo i principi dell’agricoltura naturale estrapolati dall’agronomo giapponeseMasanobu
Fukuoka (1913-2008)




Questo piccolo e agile manuale, poco più di un opuscolo, scaturisce quindi dall’esigenza
di raccogliere le informazioni necessarie per dare risposte e stimoli a chi è interessato
all’argomento e vuole iniziare la coltivazione di un orto sinergico.


 http://www.silentevolution.net/docs/Manuale-orto-sinergico.pdf





sabato 1 aprile 2017

Recinto fatto di bancali

 
Ho realizzato un recinto partendo dai bancali in legno che altrimenti venivano smaltiti come rifiuti legnosi.


Questo è un rifiuto della società cosiddetta moderna milioni di bancali in legno utilizzati per trasportare merci che poi vengono smaltiti come rifiuti legnosi. Parliamo di milioni di piante
abbattute per trasportare merci.




Ci sono in rete migliaia di modi per riciclarli io li ho usati per fare una recinzione che andrò a completare con la tinteggiatura per renderla resistente agli agenti atmosferici.

1) schiodatura della parte inferiore  


 






 
 








2) sagomatura e assemblaggio 

 
 


 

domenica 26 marzo 2017

L'agricoltura moderna crea malati per la farmaceutica


Non è un caso che l'aumento della celiachia nella popolazione sia supportato dalla commercializzazione di nuovi prodotti agricoli poiché gli stessi istituti che hanno creato il danno botanico al cereale del grano adesso hanno inventato la soluzione. C'è un enorme business che lega sperimentazione agricola e farmaceutica un po' come fare centrali nucleari e poi vendere farmaci per i tumori ed ecco che la ricerca non va in favore della qualità  del prodotto poichè è finanziata da chi vuole vendere prodotti e quindi offre il problema e la soluzione così il business è assicurato.

Il mondo incantato della agricoltura intensiva  è colluso con il sistema farmaceutico in maniera univoca non meno che in altri settori ed è per questo che farà di tutto per togliere la libertà di auto coltivarsi ogni cosa e comunque è già presente in quanto le sementi sono tutte ibride e brevettate.


Tutto questo nasce e si sviluppa tra la collaborazione di enti statali e università che beneficiano di sovvenzioni e onoreficenze al servizio delle lobby agricole e farmaceutiche.


MUTAZIONI GENETICHE DELETERIE sui CIBI 


La varietà Creso, ottenuta nel Centro di studi nucleari del CNEN della Casaccia (Roma) nel 1974 è stata una di quelle maggiormente utilizzate negli ultimi trent'anni nelle coltivazioni italiane. Il grano duro Creso è un incrocio tra la varietà messicana Cymmit e l'italiana Cp B144, mutante della Cappelli (Grano duro) ottenuta sottoponendo il grano Cappelli a bombardamento con raggi X o gamma.
In Italia non è permessa la coltivazione all'aperto di varietà Ogm, pero' e' stata permessa la commercializzazione di quel tipo di grano a mutazi
one genetica....
Oggi coltiviamo in tutta Italia il popolare grano duro detto "Creso", chiamato cosi' proprio per una mutazione ottenuta nel 1974 irraggiando la varietà del tipo di frumento chiamato “Cappelli” (dal nome del creatore di questa varietà) con raggi gamma irrorando i campi con acque provenienti di reattori nucleari.
Oggi Tutti mangiamo pane, pasta, dolci ecc., fatti con il grano Creso.

Il Grano Creso contiene una piu' elevata quantita' di Glutine rispetto al grano Capelli del quale e' una mutazione genetica.

AZIENDE NUCLEARI Italiane:
(1)- Il CNEN (Comitato Nazionale Energia Nucleare) e nasce nel 1960 sostituendo il CNRN (Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari) su iniziativa del Governo italiano sulla scia del grande entusiasmo seguito alla prima Conferenza sull’uso pacifico dell’energia nucleare, organizzata a Ginevra nel 1955 dall’ONU.
Lavora a stretto contatto con l'industria per la progettazione e la realizzazione di impianti nucleari e impianti per il ciclo del combustibile.
Nel 1982 il crescente movimento ambientalista, che si va diffondendo nel Paese, impone una nuova cultura energetica: il CNEN si trasforma in ENEA (Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell’Energia Nucleare e delle Energie Alternative) e si occupa, da quel momento, non più soltanto di energia nucleare ma anche di fonti rinnovabili, uso razionale dell’energia e impatto ambientale.


GRANO duro CAPPELLI e CRESO
Esattamente 30 anni fa, Gian Tommaso Scarascia Mugnozza, (attuale presidente dell’Accademia delle Scienze) con un gruppo di ricercatori del CNEN (comitato Nazionale per l’Energia Nucleare) indusse una mutazione genetica nel grano duro denominato “Cappelli” un tipo di frumento che cresceva SOLO in Puglia esponendolo ai raggi Gamma di un reattore nucleare per ottenere una mutazione genetica e quindi incrociandolo con una varieta’ americana. Quindi questa varietà di grano irradiato e mutato è stata sviluppata nel 1974 da quel gruppo di ricercatori del centro CNEN - Enea (1) di Roma.
Dopo la mutazione quella pianta di grano e’ divenuta “nana” e mostra differenze anche in altri caratteri come la produttività e la precocità nella crescita.
Questo nuovo tipo di grano mutato geneticamente (non OGM) ma irradiato, fu denominato “Creso” e con esso oggi si prepara OGNI tipo di: pane, pasta, dolci, pizze, certi salumi, capsule per farmaci, ecc., esso è una varietà di grano duro, la cui farina e’ quella usata per fare anche la pasta in tutta Italia ed all’estero.

https://it.wikipedia.org/wiki/Gian_Tommaso_Scarascia_Mugnozza vedere per approfondire.



Ed ecco la soluzione: articolo tratto dalla rivista Gambero Rosso con un titolo da marketing alimentare:

La nuova frontiera del gluten free. I ricercatori di Piacenza sviluppano la pasta senza glutine che non fa ingrassare. Con la farina di fagioli

La percentuale di farina di fagiolo comune contenuta nelle paste alimentari sviluppate dell'Istituto di Scienze degli Alimenti e della Nutrizione dell'Università Cattolica di Piacenza assicura un basso Indice Glicemico e un più lento assorbimento degli amidi, garantendo gusto e profumo eccellenti e ottima resistenza alla cottura. E l'industria specializzata è già interessata a lanciare il nuovo prodotto sul mercato di settore. 


Che dire infine, facciamo un danno biologico e poi troviamo una soluzione che non è una soluzione. E poi il grano che seminiamo in buona fede e crediamo biologico lo è davvero o è una di queste sperimentazioni così come tutti i semi che utilizziamo, attenzione a quello che usiamo, la follia umana non è nelle persone semplici, oggi è rappresentata da quelle persone che in buona fede ricercano, ma cosa e da chi è sovvenzionata?.