giovedì 3 ottobre 2019

Considerazioni sulla legna da ardere



Che cosa è la legna da ardere.





Molti di noi per scelta hanno deciso come me di riscaldarsi con la legna oppure cucinare o accendere un camino per passare piacevoli serate d'inverno.
Ma un dubbio ogni volta che compro legna ( non la produco ) mi è sempre sorto; come è stata tagliata con quale criterio rispetto alle fasi lunari astronomiche e in quale zona in ombra o soleggiata, ma anche quanto è stata a riposo dopo il taglio. L'unica cosa che ho saputo da chi la produce è stato il tipo di legno utilizzato che sia quercia o rovere o faggio ma mai una delucidazione in quanto al momento più adatto per tagliarla e renderla adatta alla combustione.
Ovviamente si capisce che chi produce in quantità industriali non si pone neanche il problema, ma chi la usa tutti i giorni si accorge della differenza la  legna ha un  comportamento diverso da un anno all'altro. Difficile stabilire una connessione certa tra il combustibile in questo caso legna e condizioni atmosferiche tiraggio dei camini e funzionalità della stufa o del camino, io mi sono fatto l'idea che buona parte dei risultati della combustione sta nella legna e di come è stata coltivata e raccolta, in sintonia con i concetti dell'agricoltura biodinamica che abbraccia tutta l'agricoltura in senso più ampio.
E' certo che le mie sono solo intuizioni occorrerebbe un'analisi scientifica per convalidare la tesi che anche la legna da ardere andrebbe coltivata seguendo ritmi cosmici adatti dalla semina al taglio.

Ricordo inoltre che: consumando legna da ardere non alteriamo il bilancio di Co2 (anidride carbonica) esistente nella atmosfera.
Infatti le piante durante la fase di accrescimento consumano tanta Co2 quanta ne viene immessa in atmosfera durante la loro combustione mantenendo il bilancio in pareggio. 
Risultato immagini per pareggio energetico legna da ardereEfficienza energetica ed emissioni di CO2 In tabella seguente si riportano i consumi energetici espressi in percentuale di energia non rinnovabile consumata per produrre l’energia termica utile, CER (misura dell’ammontare complessivo di risorse energetiche primarie necessarie per erogare l’unità di energia termica utile) e il valore di emissione espressa in kg di CO2 equivalente per ogni MWh di energia primaria. Per produrre un MWh utile dai combustibili legnosi consumiamo il 4-12% di energia non rinnovabile, con le fonti fossili si sale al 17-20%. Il livello di emissioni clima alteranti è nell’ordine di 20-30 kg per il legno e 325-250 kg CO2-eq nel caso di gasolio, GPL e metano. 





Luna ascendente e luna discendente
Fin qui dovrebbe essere chiaro quindi che luna crescente e luna ascendente sono due cose diverse (che corrispondono a periodi leggermente diversi nel calendario).
Nelle giornate di luna ascendente le piante sono piu’ rigogliose e forti nelle parti sopra il suolo e la linfa sale con piu’ forza. Sono le giornate giuste per tagliare rami da innesto e raccogliere la frutta ed i semi (ovvero raccogliere tutto cio’ che sta’ sopra il suolo). I fiori recisi dureranno piu’ a lungo, specialmente se raccolti, come vedremo, nei giorni di Fiore.
Nelle giornate di luna discendente le piante da trapiantare radicano meglio, e le radici raccolte (per esempio le patate) si conservano piu’ a lungo. E’ anche il momento giusto per potare gli alberi.







Ecco allora un elenco delle informazioni che ho raccolto per chi volesse contribuire ad una analisi migliore può contattarmi o aprire una discussione.





per la legna da camino di norma si predilige la luna calante (ovviamente non la luna calante dei primi di marzo perché se tagli con quella luna ti viene una legna che carbonizza senza bruciare e senza fare né fiamma né calore).
la luna crescente è di solito consigliata per il taglio del legname ad uso stufa. questo poiché in fase di luna crescente il legno è maggiormente irrorato di linfa la quale con il taglio si libera velocemente lasciando le fibre vuote e questo consente una buona resa combustiva anche in condizioni di scarsa ventilazione come all'interno di una stufa.
le lune piene vanno bene per il taglio di alcuni alberi di mediopiccole dimensioni ad essenza legnosa parecchio dura (i carpini ad esempio) mentre i primi due o tre giorni delle lune nuove per alberi di mediopiccole dimensioni ad essenza legnosa più morbida (i frassini, le betulle).
oltre alle lune bisogna anche regolarsi in base al periodo dell'anno. la legna da riscaldamento con maggiore resa calorica di norma si ottiene tagliando a novembre, a febbraio o l'ultima decade di marzo


tratto dal libro "servirsi della luna" se tagliate una pianta il primo di marzo dopo il tramonto il legno non brucia.
si carbonizza 1 cm. ma nel mezzo rimane sano. Nel Tirolo molti anni fa facevano le canne fumarie in legno cè anche un museo dove si vedono le canne fumarie in legno


Detti popolari:

 "Quando Peppone dice di non usare mai i primi giorni di Marzo (anche se in luna calante) penso intenda parlare del caso della "luna nera" noi la chiamiamo cosi, è un periodo di luna vecchia (calante) che capita quando in un anno solare cadono 13 di questi periodi , almeno cosi la conosco io, più per detto popolare che per conoscenze scientifiche."



venerdì 27 settembre 2019

Solanum Pimpinellifolium 
la piu' antica varietà di Solanum.

Nel Giardino di Zerdesht viene coltivata una nuova specie di solanum che si ritiene geneticamente la piu' antica.



"Il solanum pimpinellifolium , comunemente noto come il pomodoro ribes , è una specie selvatica di pomodoro originaria dell'Ecuador e del Perù naturalizzata altrove, come le isole Galapagos. I suoi piccoli frutti sono commestibili ed è comunemente coltivato negli orti come un pomodoro. Sebbene sia considerato selvatico piuttosto che addomesticato come lo è la specie di pomodoro comunemente coltivata Solanum Lycopersicum. Il suo genoma è stato sequenziato nel 2012. "

Interessante mappatura genetica del solanum a questo link:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2759208









giovedì 26 settembre 2019

L' aratura pratica errata di una agricoltura superata


 Alcune considerazioni sulla lavorazione del terreno;

ormai molti anni fa quando iniziai a coltivare piccoli appezzamenti di terreno al massimo di 300 mq, lo feci seguendo i criteri dell'agricoltura tradizionale cioè lavorando il terreno con una aratura semplice , fertilizzare con concime, assolcare, seminare o trapiantare cercando di eliminare più zolle erbose apparentemente non utili. Niente di più sbagliato il risultato era terreno sempre più minerale impermeabile e argilloso perché queste pratiche alla luce di oggi sono controproducenti sia in termini di fertilità del terreno sia in termini energetici quello che impieghi (lavoro, mezzi meccanici, carburanti, acqua, fertilizzanti) sono maggiori dei ricavi quindi un sistema che consuma di più di quello che produce e questo è fondamentale da capire.




Occorre ripensare questi metodi, io li ho sperimentati e o capito che non erano cio' che intuivo. Oggi attraverso i bancali sinergici intervengo il minimo indispensabile cercando di costruire ecosistemi quasi autonomi, questo secondo il mio parere ma sopratutto attraverso l'impulso che hanno dato R. Steiner e poi
Masanobu Fukuoka , Emilia Hazelip è l'agricoltura del futuro.


La vangatura profonda non è necessaria cosi come una aratura perché tutti i processi importanti di un terreno avvengono nei primi 20 cm di suolo, quindi anziché migliorare il terreno si distruggono equilibri importanti che non si reintegrano con una semplice concimazione. Questo fa parte di una pratica dell'agricoltura del '900 che non ha più motivo di funzionare.



Lo scopo principale dell’orticoltura biologica è la produzione di alimenti vegetali sani ed
equilibrati, senza impiego di sostanze chimiche di sintesi per la fertilizzazione e la difesa dai
parassiti e dalle erbe spontanee competitrici (le “infestanti” dall’agronomia classica). Si tratta
di un obiettivo ricco di stimoli sia per l’orticoltura professionale che per quella familiare,
raggiungibile attraverso l’adozione di un nuovo ed articolato sistema colturale.
Per l'Agricoltura biologica è di fondamentale importanza il mantenimento e l'incremento della
sostanza organica nel suolo, perché essa sostiene la biomassa vivente (batteri, funghi,
alghe, protozoi, micro e mesofauna
) e garantisce con la sua lenta mineralizzazione, operata
senza sosta dai microrganismi, l’equilibrata nutrizione delle piante. Poiché i processi biologici
relativi alla sostanza organica si svolgono in massima parte nei primi 20 cm di suolo ricchi di
aria, le tecniche agrobiologiche sconsigliano o prevedono un impiego limitato dell’aratura o
delle lavorazioni meccaniche profonde.


Sono ancora poco conosciuti i complessi rapporti tra gli organismi viventi del suolo e le piante, ma è
esperienza comune tra i produttori biologici, rilevare uno stato di generale benessere e
resistenza alle patologie nelle piante coltivate in suoli equilibrati e ricchi di sostanza organica
(almeno 2,5 - 3%). In tal senso le piante da orto offrono esempi spettacolari di risposta
positiva alla corretta gestione agronomica del suolo in funzione della conservazione della
sostanza organica.
La sostanza organica (S.O.), nei suoli agrari italiani, è oggi solitamente intorno all'1,0-1,5 %,
laddove un livello di sufficienza si avrebbe con il 2-2,5%.

Per mantenere e migliorare il livello di sostanza organica di un suolo e, in altre parole, la sua
fertilità è ampiamente consigliato l’impiego di colture da sovescio, di letame compostato
arricchito ed attivato con preparati di origine naturale (macerati, farine di alghe o di roccia),
delle rotazioni con piante di diversa famiglia botanica e di apparato radicale con differenti
caratteristiche, fittonante, profondo o fascicolato.

Gli elementi della fertilità del suolo normalmente considerati sono: Azoto (N), Fosforo (P),
Potassio (K); a questi sono da aggiungere Calcio (Ca), Magnesio (Mg), Zolfo (S), Ferro (Fe),
ed una serie di microelementi – Zinco, Manganese, Boro, Molibdeno ecc. - assorbiti in piccole
quantità dalle piante ma causa di gravi stati carenziali se presenti in quantità insufficiente. Gli
elementi sopra citati controllano la crescita della pianta, la fioritura, la fruttificazione, le
caratteristiche organolettiche, la resistenza alle malattie, l'epoca di maturazione e la durata di
conservazione in post - raccolta.
E' importante conoscere le caratteristiche fisiche e chimiche del terreno per attuare interventi
agronomici volti a riequilibrarne la dotazione chimica e organica. Tale conoscenza si può
ricavare da un’analisi del suolo o, per i più esperti, da una attenta osservazione del suolo e
della composizione della flora presente su di esso.



Affermava R. Steiner nel 1924:
“si deve sapere che concimare vuol dire vivificare la terra, in
modo che la pianta non si trovi in un terreno morto e debba contare solo sulla sua vitalità per
trarre ciò che le è necessario per arrivare alla formazione del frutto”.
Quanto più è vitale il terreno tanto più alle piante viene garantita una ottimale nutrizione. In
orticoltura biologica l’impiego di fertilizzanti è in gran parte finalizzato all’alimentazione e
all’attivazione dei microrganismi e non direttamente alla nutrizione delle piante. E’ per tale
motivo che la fertilizzazione è imperniata sull’impiego di sostanze organiche di origine
vegetale o miste, vegetali e animali, conferite direttamente al terreno in forma di compost,
ammendanti letamici e concimi organici o indirettamente tramite sovesci.



Danni causati dall'aratura alla natura chimica e biologica del terreno.

Le piante, sebbene abbiano la capacità di trasformare l'energia solare in energia chimica che utilizzano per crescere, metabolizzare e riprodursi, hanno anche bisogno di altri elementi che sono incapaci di produrre direttamente. Per esempio hanno bisogno di azoto, di fosforo, di zolfo, di calcio, di magnesio, di potassio, e di oligo-elementi, ma per un approvvigionamento adeguato, le piante devono mobilitare questi elementi alterando il suolo attorno alle loro radici.
Un modo per fa ciò è stimolare l'attività dei microrganismi che allora accrescono la mobilitazione degli elementi nutritivi.
In un suolo non traumatizzato (non lavorato), l'azione degli organismi che vivono al suo interno crea costantemente una struttura in cui si mantengono sacche d'aria; inoltre, le radici in decomposizione lasciano passaggi che vengo colonizzati da batteri ad altra fauna microscopica e facilitano la circolazione dei lombrichi e/o delle formiche.
I batteri del suolo e tutte le altre creature che ci vivono sono i nostri partner nel mantenere il suolo fertile; la loro presenza si manifesta nella salute delle piante, delle colture in crescita e determina la salute del suolo nel suo complesso.
L'aratura, oltre a impedire questi processi, impedisce la produzione di etilene, che è un composto gassoso di grandissima importanza. L'etilene infatti, funge da regolatore essenziale dell'attività dei microrganismi del suolo, agisce sull'intensità del rinnovamento della materia organica, sul riciclaggio dei nutrienti delle piante e interviene smorzando gli effetti delle malattie provenienti dal suolo. L'etilene del suolo viene prodotto in quello che si chiama il ciclo Ossigeno-Etilene. Grazie a questo ciclo, la mobilitazione delle sostanze nutrienti avviene esattamente nel luogo in cui è richiesta dalle piante, cioè nella rizosfera (la porzione di terra a contatto con le radici).
L'etilene ha quindi un ruolo importantissimo sulla popolazione microbica del suolo. Nei suoli agricoli, in cui la produzione di etilene è impedita dall'aratura, anche questo meccanismo di mobilitazione delle sostanze nutritive (e con esse tutte le funzioni poc'anzi descritte) viene inibito.
Invece, nell'atmosfera dei suoli imperturbati (non lavorati), come quelli delle praterie e delle foreste, l'etilene può essere continuamente rilevato; è ben dimostrato come negli ecosistemi naturali, dove esiste un rinnovamento lento ed equilibrato della materia ed un riciclo efficace dei nutrienti, le malattie provenienti dal suolo siano insignificanti.

domenica 22 settembre 2019

Il pomodoro peperone.



Biotipo della mia zona ormai raro il Pomodoro Peperone.
Si presenta di forma simile al peperone è molto vuoto all'interno e con pochi semi, è un pomodoro molto adatto per essere cucinato ripieno.

Questo pomodoro è un Biotipo di questa zona e in questo caso si dovrebbe parlare di Pomodoro Peperone di Pieve poiché è stato selezionato e riseminato da tempo immemore ottenendo infine una pianta che ha caratteristiche uniche di questa coltivazione. Sappiamo inoltre che la Specie è Solanum ma il biotipo come descritto sopra. Questa distinzione vale solo ed esclusivamente per quelle piante che vengono geneticamente adattate al posto di coltivazione rendendole uniche nella loro specie.




venerdì 28 luglio 2017

Coltivare le patate in un metro quadrato

Riassunto del procedimento per coltivare la patata in poco spazio per il consumo stagionale, utilizzando materiali di recupero. L'impianto può facilmente essere posizionato all'interno dell'orto o in uno spazio soleggiato inutilizzato. La varietà della patata precoce o tardiva è una scelta personale, io ho utilizzato una specie semi-precoce poche innaffiature e nessun trattamento. Naturalmente qualsiasi contenitore è adatto a partire dal sacco di iuta come indicato in un altro mio post.
A mio parere visto il poco impegno nella coltivazione vale la pena per avere un ortaggio molto utilizzato, certo non è una produzione da conservare ma un ortaggio da avere nel periodo di raccolta. La semente non è ciò a cui aspiro ma ho trovato solo quella ma per il prossimo anno cercherò una semente bio e più adatta alla coltivazione "verticale".

Chiunque voglia condividere la propria esperienza può scriverlo nei commenti o alle mie e-mail oppure al mio profilo fb grazie. 


Semina: in questo contenitore sono state messe nr. 3 file da 3 sementi del peso di circa 70 gr. alla raccolta abbiamo avuto più di 4 kg. di patate
la semina è stata effettuata in Marzo nella costellazione della Vergine in luna discendente
la raccolta a Luglio con luna in Leone in luna discendente


Sperimentato la coltivazione della patata in un imballo per pietre recuperato come quello nella foto1

foto1








 

e trasformato con tavole di recupero in una cassa misure; 110x90x70
Riempito con terra per un terzo e seminato patate nr. 3 file da 3 peso medio della patata da seme 70gr.
foto2

                                                            foto2

Sono susseguite diverse rincalzature e chiuso le parete della cassa per contenere la terra lasciando sempre la cima della pianta con le foglie sopra al terreno. foto 3 e foto 4













  foto3
foto4

Dopo circa 3 mesi sempre rincalzando e aggiungendo terreno avevano raggiunto il bordo superiore.
foto4 e foto5

 foto4

















                                                                                      foto5
A questo punto a Luglio hanno raggiunto la massima altezza, fiorito e lentamente si sono seccate, segno che erano pronte per la raccolta.








giovedì 27 luglio 2017

Coltivare le patate in un sacco

Per chi non lo sapesse esiste un modo per coltivare le patate in " verticale"

magari per carenza di spazio o per animali che possono distruggere l'impianto, questo metodo a mio parere sembra efficace, non l'ho mai sperimentato ma lo farò prossimamente pubblicando la costruzione dell'impianto e i risultati. Inoltre penso, ma non ho riprova, che sia una tecnica non proprio moderna e da indagare.
In pratica la pianta viene seminata in un contenitore e mal mano che cresce, la parte aerea viene rincalzata quando è ben sviluppata, cercando di sfruttare al massimo la capacità del fusto di produrre tuberi.





La patata.
L’apparato radicale è di tipo

fascicolato, abbondantemente
sviluppato con numerose
diramazioni capillari, ma con
scarsa capacità di penetrazione,
essendo dislocato in prevalenza
(85%) fino a 30-40 cm di
profondità. Dalla parte ipogea
del fusto si sviluppano gli
stoloni che, ingrossando
all’apice, danno luogo al tubero.






Procedimento
Si inserisce in un sacco o altro contenitore io adotterò ad esempio un telaio di legno delle dimensioni di 120x 90x 100 del terreno misto a terriccio, naturalmente biologico, per un’altezza di circa 30 cm. Sotto questo terriccio metterete il vostro tubero, ci possono stare dalle 4 alle 10 patate come nel mio caso, calcolate di lasciare circa 30 – 40 cm di distanza da una all’altra. La patata va interrata per circa 5 cm. In un balcone non serve pacciamare con la paglia, le erbe infestanti saranno poche e potrete toglierle tranquillamente a mano.
Quando la pianta sarà alta circa 30 cm sarà ora di aggiungere terriccio nel contenitore in modo tale da far si che la pianta si sviluppi in altezza e produca più tuberi. Fate in modo che l’aggiunta copra la pianta alla base lasciando fuori sempre un 20 – 25 cm di pianta con le sue foglie. Nel giro di 3 –  4 mesi il contenitore sarà stato riempito fino quasi all’orlo e verso luglio la pianta comincerà a seccarsi. A questo punto svuotate il contenitore e avrete moltissime patate pronte per essere consumate.


 segue il procedimento del mio impianto......

mercoledì 26 luglio 2017

Calendario dei trapianti








PianteTemperatura OttimaleTrapianto in campo apertoTrapianto in serraTempi di raccolta in giorni
Anguria20-30 °Cda aprile a giugnoda febbraio a marzo-aprile100-120
Asparago20-25 °Cda marzo a settembrenon consigliatodue anni
Basilico15-20 °Cda aprile a settembreda gennaio a marzo25-50
Bietola da costa12-18 °Ctutto l'annonon consigliato40-60
Carciofo25-30 °Cda luglio a ottobrenon consigliato100-150
Cardo25-30 °Cda luglio a settembrenon consigliato120-150
Cavolfiore10-25 °Cda maggio a febbraionon consigliato70-130
Cavolo broccolo10-25 °Cda maggio a febbraionon consigliato70-130
Cavolo cappuccio17-28 °Cda maggio a febbraionon consigliato70-130
Cavolo verza8-25 °Cda maggio a febbraionon consigliato70-130
Cetriolo15-30 °Cda aprile a settembreda settembre a marzo45-65
Cicoria o radicchio15-20 °Cda agosto a febbraionon consigliato60-80
Cipolla12-25 °Ctutto l'annonon consigliato120-180
Fagiolo nano15-25 °Cda marzo a settembreda gennaio a febbraio45-60
Fagiolo rampicante15-25 °Cda marzo a settembreda gennaio a febbraio45-60
Finocchio14-22 °Cda agosto a novembrenon consigliato75-150
Fragola8-20 °Cda settembre a ottobre e da febbraio a giugnoda ottobre a dicembre90-120
Indivia18-20 °Ctutto l'annoda dicembre a gennaio35-75
Lattuga8-20 °Ctutto l'annoda dicembre a gennaio35-75
Mais18-20 °Cda aprile a agostoda febbraio a marzo100-150
Melanzana20-35 °Cda marzo a agostoda gennaio a febbraio e da settembre a dicembre50-70
Melone24-35 °Cda aprile a giugnoa dicembre (solo innestato)120
Peperone18-35 °Cda marzo a agostoda settembre a febbraio120-150
Pisello nano8-24 °Cfine autunno-inizio invernonon consigliato50-65
Pomodoro16-35 °Cda marzo a lugliotutto l'anno90-120
Porro12-25 °Ctutto l'annonon consigliato100-120
Prezzemolo13-20 °Ctutto l'annonon consigliato25-50
Rapa e cime15-25 °Ctutto l'anno (tranne marzo e aprile)non consigliato80-120
Sedano16-21 °Cda marzo a dicembrenon consigliato150-180
Spinacio7-24 °Ctutto l'anno (disponibile gennaio-marzo e agosto-dicembre)non consigliato35-50
Zucca20-35 °Cda aprile a giugnonon consigliato60-90
Zucchino21-35 °Cda marzo a settembreda ottobre a febbraio25-40

domenica 11 giugno 2017

Raccolta di aglio giugno 2017

Impianto di bulbi di aglio ad ottobre 2016 con luna nella costellazione della Vergine, Sole in Vergine
Mercurio in Vergine, Venere in Vergine segno di radici
Raccolta mese di giugno, luna in Vergine.


 

Il pianeta che domina questa pianta è Marte e la divinità ad essa associata è Ecate Triforme.














sabato 3 giugno 2017

Coltivare in letto rialzato e costruzione

L’orto a lasagna, utilizzato nella permacultura, è un orto sopraelevato rispetto al livello del terreno, grazie ad una struttura rialzata di contenimento dello stesso o semplicemente grazie ad un accumulo di terreno realizzato con tutto ciò che è organico e naturale.
orto rialzato



Perché coltivare nell’orto lasagna? Ci sono tanti vantaggi:
  1. Manutenzione semplice: l’orto rialzato agevola la piantumazione e la cura degli ortaggi
  2. Risparmio: l’irrigazione è ridotta grazie all’utilizzo della pacciamatura che viene distesa tra gli ortaggi mantenendo così umido il terreno.
  3. Riciclo di tutti gli elementi organici a disposizione (es. organico cucina, scarti potature, foglie, sfalci d’erba, cartoni etc..).
  4. Il concime, il compost, la pacciamatura possono essere distribuiti in modo  mirato e senza sprechi
  5. Riduzione delle infestanti sempre grazie alla pacciamatura e alla piantumazione più fitta degli ortaggi
  6. Aumento della produttività derivato sempre dalla piantumazione più fitta degli ortaggi
  7. Più varietà di piante, grazie alle condizioni del terreno che possono essere variate in ciascun letto creando la possibilità di coltivare piante che amano caratteristiche del terreno diverse come ad esempio un il terreno acido, un drenaggio maggiore, un orientamento specifico…
  8. Drenaggio migliore perché il suolo intorno alle piante non viene calpestato, ideale in caso di terreni argillosi
  9. Miglioramento dei tempi di coltivazione, ad esempio si può  allungare il periodo di coltivazione perché i letti rialzati tendono a riscaldarsi prima in primavera e rimangono produttivi più a lungo
  10. Minore attacco di parassiti. La creazione di biodiversità comporta un minore attacco di parassiti agli ortaggi grazie alla piantumazione in sinergia di piante amiche dell’orto, come antiparassitarie, piante in grado di attirare insetti utili, aromatiche, fiori
  11. Versatilità: l’orto può diventare un elemento estetico molto bello, utile a sfruttare la produttività in spazi più limitati perfino in casa e se ben realizzato ne possono avere cura anche persone disabili











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sabato 6 maggio 2017

L'unica religione dell'essere è la natura







"C'è bisogno di una nuova cultura anche nella coltivazione, sappiamo ormai che le coltivazioni intensive provocano solo danni all'ambiente che ci costeranno care, sia in ambito economico che morale c'è bisogno di una nuova coscienza agricola del ventunesimo secolo."

 Il Giardino di Zerdesht.

Quale deve essere il giusto atteggiamento conoscitivo nei confronti della natura?

di Francesco Lamendola - 07/04/2015
Fonte: Arianna editrice

 
Oggi si fa un gran parlare della natura, dell’ecologia, del ripristino di un autentico rapporto fra uomo e ambiente, fra uomo e animali, fra uomo e natura; se ne parla anche troppo, e sovente a sproposito, perché non viene chiarito in via preliminare che cosa sia la natura per noi, in quale modo la possiamo conoscere e, di conseguenza, quale sia il giusto atteggiamento conoscitivo che dobbiamo assumere verso di essa.

Si dice e si ripete, per esempio, che il disastro ecologico attuale è stato provocato dal fatto che l’uomo si è allontanato dalla natura, che si è dimenticato di essere parte della natura, il che è una mezza verità; l’altra mezza consiste nel fatto che il disastro ecologico è stato provocato anche dal fatto che l’uomo si è dimenticato di essere uomo, cioè creatura spirituale, ragionevole e dotata di libero arbitrio, per abbandonarsi ai suoi istinti inferiori, e specialmente all’istinto del possesso avido e sfrenato: vale a dire che egli è stato troppo indulgente con la propria parte naturale e troppo poco attento ed esigente circa la sua parte ragionevole e morale.

D’altra parte, è chiaro che l’uomo non può porsi di fronte alla natura, così come non può porsi di fronte ad alcunché, senza porsi, preliminarmente, dinnanzi a se stesso. Se si pensa che l’uomo sia solo e unicamente natura, allora egli non potrebbe avere alcun atteggiamento verso di essa, perché l’occhio che guarda non potrà mai vedere se stesso, ma sempre e solo degli oggetti che stanno fuori di lui (e sia pure la sua immagine riflessa in uno specchio, che non è propriamente l’occhio, ma, appunto, solo una immagine dell’occhio). Ora, il naturalismo largamente diffuso nella cultura odierna, non di rado inconsapevole proprio nel suo darsi per scontato, presuppone che l’uomo percepisca se stesso non come altro dalla natura, ma come parte della natura. Questa, però, sarebbe una contraddizione in termini: se così fosse, l’uomo non penserebbe niente della natura, così come non penserebbe niente di se stesso: sarebbe un essere puramente istintivo. Nella misura in cui pensa, si stupisce e domanda, l’uomo manifesta la sua essenza originaria, che è sovra-naturale: nella misura in cui s’interroga, egli si trascende, e, trascendendosi, si pone come altro dalla natura, pur se dalla natura egli proviene e pur se, per un aspetto, ne fa tuttavia parte.

L’uomo, dunque, fa parte della natura, ma non è, semplicemente, natura: e tutte le filosofie che vorrebbero restaurare il suo presunto stato naturale originario, non tengono conto di questa semplice verità: che l’uomo, da quando è uomo, non è più natura, non è più solo natura, ma è divenuto qualcos’altro, qualcosa che riflette e s’interroga e, pertanto, si pone rispetto alla natura come un soggetto rispetto ad un oggetto. E questo vale per chiunque sappia ragionare, compresi gli evoluzionisti e, in generale, tutti coloro i quali hanno una concezione materialistica dell’uomo e meccanicistica della natura, i quali tanto amano insistere sulla “istintualità” e sulla “naturalità” originarie dell’uomo, dimenticando che di un tale uomo, se è mai esistito, nulla possiamo dire, perché l’uomo che conosciamo è quello che si è emancipato dal puro istinto e che si è proteso al di sopra della sua condizione naturale, chiedendosi quale sia il significato del tutto e quale il suo destino finale: l’uomo sociale e culturale, dunque, non l’uomo naturale.

Sarebbe del pari sbagliato circoscrivere l’essenza della specificità umana alla ragione e alla volontà. Nell’uomo è un altro fattore originario, perfino anteriore al pensiero e alla volontà: la capacità di stupirsi davanti alle cose e di provare inquietudine per il mistero del mondo e della sua stessa vita. Tutto questo è espressione di una attitudine contemplativa: prima che ansioso di manipolare le cose, l’uomo è suscettibile di ammirarle e di meravigliarsene, ponendosi, di fronte ad esse, in un atteggiamento assolutamente disinteressato e di pura ammirazione, cioè, appunto, contemplativo. L’uomo “primitivo”, infatti, è artista in senso eminente: e basta osservare le incisioni e le pitture rupestri, per non parlare dei misteriosi complessi megalitici sparsi in tutto il mondo, per rendersi conto che, per lui, la cosa più importante, oltre ad assicurare la propria sopravvivenza, era stabilire un rapporto armonioso con il mondo, facendo leva sul senso estetico e sul senso religioso, l’uno strettamente legato all’altro.

Colui che ha decorato, con mano sicura e felicissima, le pareti delle grotte di Altamira e di Lascaux, in Europa; colui che ha impresso, innumerevoli volte, lo stampo delle proprie mani, in svariati colori, contro lo sfondo scuro della roccia, nel Cañadon de Las Pinturas, laggiù, in Patagonia, agli estremi confini del mondo: ebbene, costui non poteva essere una creatura puramente istintuale e naturale, e nemmeno un essere puramente razionale e volitivo. Era una creatura assetata di bellezza e di verità, che esprimeva la sua immensa meraviglia e il suo ardente bisogno di comunione con le cose, attingendo a un senso estetico che veniva dalla sua dimensione più intima e profonda, anteriore alla logica strumentale e a qualunque attitudine calcolante.

Ci sembrano degne di interesse le riflessioni svolte in proposito da Rocco Buttiglione nel suo libro «Il problema politico dei cattolici. Dottrina sociale e modernità» (Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 1993), pp. 184-6):



«Ciò che noi chiamiamo natura è un oggetto complesso.

Innanzitutto la natura è data a priori. E per riconoscere come tale ciò che è dato a priori, dobbiamo assumere un ATTEGGIAMENTO CONTEMPLATIVO. Dobbiamo lasciar essere le cose così come sono;  dobbiamo diventare sensibili al loro SIGNIFICATO e al loro LINGUAGGIO.

L’arte vede nella natura i valori naturali  che bisogna tutelare. Ci aiuta così a comprendere LA NATURA COME LINGUAGGIO e a interpretare il suo significato. Già in questo momento contemplativo è compresa, allora, una attività creativa dell’uomo come soggetto. La contemplazione è un comprendere attraverso cui la verità della natura viene estratta dalla natura stessa e messa in evidenza.

Si impone l’affermazione secondo cui la natura intesa come linguaggio rimanda a un soggetto che ha tracciato questi segni. L’atteggiamento autenticamente artistico  è il più affine a quello dei santi e degli uomini religiosi.

In secondo luogo la natura è UN COMPITO ANCORA DA REALIZZARE. Il mondo inteso come segno richiede una risposta. La bellezza percepita nella natura ha bisogno dell’aiuto dell’uomo per conservarsi. Il mondo è incompiuto. È nostro dovere e “responsabilità” porta tarlo a compimento. Attraverso il LAVORO L’UOMO CREA IL MONDO, MA NON IN MODO ARBITRARIO, bensì rispettando le forze interne che sono insite negli oggetti della natura fin dal principio. La sua produzione non è un creare, ma un collaborare, che può essere compito solo nel dialogo con il primo dono dell’essere.

Se intendiamo la natura e l’uomo in questo modo, cambia anche la nostra concezione di scienza e di tecnica.

La scienza, allora, viene intesa nella sua essenza come concetto astratto. Essa non svela la verità sulla natura, ma fa luce sui processi naturali singoli, a sé stanti. Al fine di comprenderli meglio, essi vengono isolati, astratti dal rapporto vivo con il tutto. Le scienze della natura non ci forniscono la natura o la realtà così come sono. Non ciò che è reale viene osservato dalle scienze della natura.

Esse compiono una particolare astrazione, forniscono un particolare livello di astrazione della realtà.

Il punto di riferimento della nostra comprensione della natura non può essere il mondo che le scienze della natura ci presentano, bensì il mondo così come si dà nella conoscenza diretta. Le scienze della natura possono, sì, perfezionare e ampliare la comprensione del mondo che è data nella conoscenza diretta, ma non la possono sostituire. Sulla conoscenza diretta si basa piuttosto una comprensione artistico-religiosa della natura. Essa ci manifesta per così dire le forze positive degli oggetti della natura e ci spinge a portarli a compimento. Tuttavia al tempo stesso non si può accantonare il fatto che l’uomo ha anche un interesse immediato allo sfruttamento della natura. Al fine di soddisfare i propri bisogni, l’uomo usa gli oggetti della natura per i propri scopi.

Compito della TECNOLOGIA è di mediare tra BISOGNI UMANI, OGGETTI DELLA NATURA E RISPETTO CONTEMPLATIVO DEI VALORI DELLA NATURA per assicurare contemporaneamente l’autoconservazione dell’uomo e quella della natura. Ciò è possibile solo quando la contemplazione viene riconosciuta e vissuta anch’essa come un bisogno umano, o addirittura come il più alto dei bisogni umani. L’uomo non vuole soltanto esistere, ma anche vivere una vita umana alla luce del vero, del bello e del bene. Sotto certi aspetti l’intero problema ecologico e il problema della nostra civiltà nascono da un equivoco riguardo alla natura dell’uomo. Sulla base di tale equivoco si è sviluppata una tecnica unilaterale, che ha perduto il rapporto con la contemplazione.

Oggi la civiltà moderna è in crisi nella misura in cui è costruita su una concezione prometeica del mondo e dell’uomo. L’uomo non vuole riconoscere nel mondo alcun valore, bensì vuole agire come se fosse egli stesso a conferire valore alle cose. L’uomo può certamente conferire valore alle cose, ma solo se prima riconosce il vero valore delle cose. Egli non costituisce il valore delle cose, ma contribuisce a costituirlo.  Il fondamento rimane l’origine in una creazione divina.

La concezione prometeica della soggettività umana che ha segnato con la propria impronta la filosofia europea, e in particolare quella tedesca da Kant a Marx, è fallita. Non dobbiamo, però, ritornare a un’idea di mondo, come la auspicava Heidegger sulla scorta dei presocratici, che fa valere la natura in quanto natura e nega completamente l’intervento dell’uomo nella costituzione della realtà. Dobbiamo piuttosto riconcepire il RAPPORTO RECIPROCO DI OGGETTIVITÀ E SOGGETTIVITÀ NELL’AGIRE UMANO.

L’uomo è autore di una SECONDA COSTITUZIONE DELLA REALTÀ, che non si fonda su una materia completamente indefinita,della quale si possa disporre secondo il proprio arbitrio.

Egli costruisce piuttosto su una forma del mondo già presente, ma ancora incompiuta. Lavorare significa collaborare a costituire e a creare, in un dialogo indispensabile con il primo soggetto della costituzione e della creazione del mondo, che tutte le religioni chiamano Dio. Un lavoro così concepito deve ricuperare il suo pieno splendore come azione etica dell’uomo, che egli intraprende con tutto il suo essere, con le sue forze e i suoi bisogni fisici, come con la sua contemplazione e  la sua capacità di trascendenza. Solo l’obbedienza alla prima creazione può garantire che l’azione umana porti la natura al suo compimento e non alla sua definitiva distruzione e annientamento.»



Riassumendo. La tecnica esprime una attitudine legittima dell’uomo, ma non può essere assolutizzata, né, soprattutto, sciolta dal problema della sua destinazione: che é un problema etico, cioè un problema di valori. E la stessa cosa vale per il rapporto fra l’uomo e la natura: il fatto che egli si serva di essa esprime una istanza legittima, senza la quale l’uomo non potrebbe sussistere o, quanto meno, non potrebbe sussistere nella sua dimensione culturale e spirituale: dovrebbe regredire a uno stato animalesco e irriflesso. Ma l’uomo, lo abbiamo visto, è una creatura riflessa: ha mangiato il frutto proibito, ha scelto il mondo dei valori e voltato le spalle a quello del puro istinto; indietro non può tornare. Gli rimane solo la scelta se vuole restare fedele a se stesso in armonia con le cose e con la natura, oppure in guerra contro di esse. Se sceglie questa seconda strada, finisce per entrare in guerra contro se stesso, perché egli è natura divenuta consapevole e auto-trascesa, ma sempre continuando a far parte, per un verso, della natura medesima. Non è un angelo: non è una creatura puramente spirituale. Può scegliere se diventare un diavolo, stringendo un patto faustiano con le forze che soddisfano la sua “cupiditas”, che è espressione del matrimonio fra la sua natura inferiore e la tecnica, da cui ricava la vertigine dell’onnipotenza.

L’uomo prometeico che sfida gli dèi, l’uomo faustiano che vende la propria anima al Diavolo, sono la manifestazione di un corto circuito avvenuto nella condizione umana, allorché l’uomo perde il proprio orientamento spirituale, la propria capacità contemplativa, e si fa servo delle proprie passioni distruttive, prima fra tute la brama di possesso, che si esplicita come manipolazione illimitata delle cose, dei suoi simili – e, da ultimo, anche di se stesso.

C’è un solo modo per evitare questo destino: ritrovare le proprie radici spirituali, ritornare ad essere creatura che ammira, ama e ringrazia il suo creatore: l’Essere da cui proviene ed al quale ritornerà...