giovedì 17 ottobre 2019

Autofertilità del suolo, il ciclo etilene ossigeno.



Quando anni fa incominciai a coltivare un piccolo campo vicino a casa mi trovai in una situazione di degrado ambientale dovuto a pratiche errate di coltivazione così cercai di ripristinare il naturale ecosistema che era presente in zone non coltivate e trovai nell'agricoltura sinergica tutte le risposte che cercavo. Ancora c'è lavoro da fare ma la natura sta riprendendosi e opera sinergicamente con le mie piante. Nacque cosi' IL GIARDINO DI ZERDESHT.

E' ormai da tempo che viene condiviso questo video che spiega bene che cosa e' l'autofertilità del suolo ovvero la capacità straordinaria di autorigenerasi del terreno. Questo processo è stato studiato solo recentemente e dimostra come arature profonde sconvolgono la naturale proprietà del suolo di rigenerarsi. Infatti ad arature profonde occorre poi reintegrare con dosi massicce di concime per ristabilire una minima fertilità, ma il conto energetico di queste operazioni gravano su tutto l'ecosistema mentre la natura è di per se' autorigenerante. E' ovvio che per la semina e la piantagione occorre un substrato che favorisca l'attecchimento, ma questo in un ambiente naturale è pochi centimetri sotto la copertura di manti erbosi che mantengono l'umidità e l'ecosistema. Inoltre uno scasso di molti centimetri rende il suolo esposto alla dilavazione perchè non trattiene piu' l'acqua piovana con un aggravio energetico per mantenere il suolo umido. Tutto questo viene invece praticato nell'agricoltura sinergica ovvero fare il minimo necessario come intervento nell' ecosistema anzi imitando quello che la natura fa gia' da tempo immemore in maniera perfetta.

Ecco alcune considerazioni tratte dall' orto sinergico di Emilia Hazelip per chi volesse approfondire.



L'agricoltura sinergica nasce dall'osservazione della Natura e dei suoi affascinanti processi. Il bosco e la foresta sono i punti di riferimento da cui trarre insegnamenti e riflessioni, infatti osservando la monumentale crescita della vita vegetale allo stato selvatico possiamo arrivare a domandarci:

'come è possibile questa crescita rigogliosa senza l'apporto di fertilizzanti?'

La risposta scientifica a questa domanda arriva grazie al lavoro di ricercatori come Alan Smith che negli anni 70 studiando il suolo ha scoperto il 'ciclo dell'ossigeno e dell'etilene' capace di regolare e determinare il processo di AUTO-fertilità del suolo.

Alla base di questo ciclo di auto fertilità troviamo pochi, ma semplici e indispensabili fattori che lo rendono possibile, ovvero:

- un suolo ricco di materia organica depositata sulla superficie ( la pacciamatura prodotta naturalmente dai boschi tramite la caduta di foglie e altri resti vegetali )

- un suolo ricco di microbiologia attiva ( la cui presenza è favorita dalla pacciamatura organica in sinergia con un suolo ricco di humus ) concentrata maggiormente nelle aree adiacenti alle radici delle piante ( la cosiddetta 'rizosfera' )

- un suolo integro nella sua struttura capillare, capace di traspirare i gas coinvolti nel processo di autofertilità come l'etilene e l'ossigeno.

- un suolo ricco di biodiversità

A questo punto dopo aver osservato e compreso la geniale semplicità con cui la natura auto fertilizza i suoi giardini spontanei possiamo arrivare a domandarci:

'se il processo di autofertilità può avvenire nei terreni selvatici, perché non impegnarsi per ripristinare questo ciclo anche negli orti e nei campi coltivati?'

Lo stesso Edward H. Faulkner nella sua opera 'Plowman's folly' ( pubblicata nel 1943) disse:
"Vi è abbondanza di azoto nell'aria e vi sono quantità praticamente illimitate di nutrienti minerali nel terreno. Le nuove pratiche agricole consentno di utilizzare le forze naturali per renderli disponibili e una produzione di colture molto più abbondanti di quelle che abbiamo ottenuto finora sarà solo una questione di tecnica consapevole" 

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